Sono almeno 20 le autovetture di lusso, tutte rubate in Italia e in particolare nel Lazio, per un giro d’affari stimato di 1,5 milioni di euro circa.
L'operazione 'Tangeri Express'
È questo il risultato di una complessa indagine denominata Tangeri Express portata a termine dalla squadra di polizia giudiziaria del compartimento polizia stradale di Genova, coordinata dalla procura della Repubblica di Genova. Gli investigatori della stradale dopo alcuni mesi d'indagine hanno sgominato un'organizzazione criminale composta da più persone, dedita al riciclaggio internazionale di autovetture di alta gamma dall'Italia con destinazione principale Marocco e Mauritania, ma anche in alcune occasioni nell'est Europa, in Serbia e in Albania.
Dalla Maserati alla Porche
L'indagine ha preso spunto a partire dall'agosto 2023, quando le autorità di polizia spagnole procedevano all'arresto di due cittadini italiani di 35 e 41 anni, trovati in possesso di un'autovettura italiana Maserati Grecale risultata dagli accertamenti essere oggetto di appropriazione indebita, e in procinto di espatriare definitivamente verso il Marocco.
Il traffico d'auto di lusso
Da qui la scoperta di un lucroso traffico di auto di lusso rubate quasi sempre nella Regione Lazio, ma in alcuni casi frutto di appropriazione indebita in danno di società di leasing oppure di false denunce di furto approfittando della compiacenza dei rispettivi proprietari. Una volta entrati in possesso dei veicoli, l’organizzazione prima di procedere all’esportazione verso l’estero delle auto, non disdegnava di effettuare accurate e laboriose operazioni di “maquillage” sui mezzi, cambiando i dati identificativi dei telai e dotando i veicoli di targhe false e documentazione apocrifa appartenente ad altri veicoli regolarmente circolati sul territorio nazionale.
Le destinazioni
Così facendo le autovetture erano in grado di viaggiare lungo il territorio italiano senza destare sospetto, per raggiungere così il porto di Genova, dove si imbarcavano sui traghetti diretti alla volta del Nordafrica allontanandosi dall’Italia e facendone perdere le tracce. In un secondo corridoio illecito, i veicoli transitavano invece per la frontiera terrestre di Ventimiglia dirigendosi in Francia verso lo scalo marittimo del porto di Sete (Marsiglia) al fine di imbarcarsi con destinazione Marocco.
I reati contestati: dal riciclaggio alla truffa
L’attività investigativa ha consentito d'identificare un totale di ventiquattro soggetti (italiani e stranieri) responsabili a vario titolo di diversi reati, fra cui riciclaggio, autoriciclaggio, ricettazione, falsità materiale e ideologica, appropriazione indebita, truffa e simulazione di reato. Fra gli indagati, residenti nelle province di Roma, Latina, Caserta e Parma, il gip del tribunale di Genova Milena Catalano, ha emesso due ordinanze di applicazione misura cautelare in carcere e quattro ordinanze di obbligo di firma e dimora presso il comune di residenza. Uno degli indagati risulta invece ancora irreperibile.
Sequestri e misure cautelari
Fra questi spicca l’applicazione della misura cautelare in carcere, per un trentacinquenne, residente in provincia di Roma, considerato al vertice del gruppo criminale, raggiunto dalla misura cautelare mentre si trovava presso la casa circondariale di Lecce ove era già recluso per altri gravi reati connessi ad attività legate alla criminalità organizzata di stampo mafioso. Rappresentando il profitto dei soggetti oggetto di indagine di notevole entità e allarme sociale poiché gli stessi, nell’arco di pochi mesi riuscivano ad avere nella disponibilità un valore economico complessivo, rinvenuto dagli investigatori su alcuni conti correnti in uso alla banda, stimato in diversi milioni di euro, gli stessi sono stati sottoposti a sequestro preventivo dall’autorità giudiziaria. Quanto emerso ha consentito di dare un’importante risposta a un fenomeno ormai dilagante e relativo alle attività di riciclaggio di autovetture di lusso verso paesi nordafricani, tramite imbarco dai maggiori varchi portuali europei, tra cui Genova e quasi nella totalità dei casi con impiego di documentazione falsa.
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IL COMMENTO
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