Cronaca

Nella telefonata del 31 maggio '96 l'indagato dice di sapere chi è la misteriosa donna sospettata per il delitto di cui parlavano i giornali , "è una mia amica di ballo". Questo confermerebbe che il commercialista era consapevole della situazione di Cecere
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di Michele Varì, Annissa Defilippi

La prima notizia importante della seconda udienza del processo per il delitto di Nada Cella, la segretaria di 24 anni uccisa nel 1996 nello studio di Chiavari del commercialista Marco Soracco e che vede alla sbarra Anna Lucia Cecere, un'ex maestra accusata di omicidio volontario e aggravato, è la decisione della Corte di Assise d’inserire negli atti la telefonata del 31 maggio '96 tenuta nascosta dagli inquirenti sino ad oggi in cui Marco Soracco dice al suo legale di allora, l'avvocato Massimo Ansaldo, che la misteriosa donna di cui si parla sui giornali è "l'amica del corso di ballo", cioè l'attuale imputata per l'omicidio. I giudici, come ha spiegato il presidente Massimo Cusatti, ritengono che la telefonata si possa acquisire perché il contenuto non appare legato all'allora veste di Soracco di indagato per il delitto ma sembra più uno sfogo dell'indagato con il suo legale.

Era stato l'avvocato Gianni Roffo, difensore di Cecere, sostenuto dall'avvocato Andrea Vernazza, difensore di Soracco e della madre, a chiedere di non inserire la chiamata nel processo.

Per il processo sul banco degli imputati anche Marco Soracco e l'anziana madre Marisa Bacchioni accusati di avere detto bugie al magistrato titolare dell'indagine Gabriella Dotto e avere favorito la donna negando il reale rapporto con Cecere. 

La prima telefonata di Soracco alla polizia

In aula poi hanno parlato in veste di teste dell'accusa due poliziotti ora in pensione, Massimo Tassinari (che si è occupato di intercettazioni nell'indagine bis del '96) e Leonardo Famà, che lavorava al centralino del commissariato di Chiavari e ha ricevuto la prima telefonata da Soracco inviando poi la volante del commissariato in via Marsala.

Quindi è stato sentito il dirigente di allora del commissariato di polizia di Chiavari, Pasquale Zazzaro, anche lui ormai non più in servizio, che ha raccontato quando è arrivato nello studio di via Marsala: "Quando sono arrivato la segretaria era già stata portata via, nello studio c'era il commercialista, la mamma e se non sbaglio anche la zia, sono andato a vedere nella stanza della segretaria, la scrivania era stata spostata, era stata posta in diagonale, come la sedia, c’era una grande macchia di sangue sul pavimento di fronte, c'erano le scarpe della ragazza, la sua borsetta, due chiavi, una spezzata, forse della cassettiera".

Sollecitato dal pm Dotto Zazzaro poi aggiunge: "Ho parlato con gli agenti della mia volante e direttamente con il commercialista". E aggiunge: "Non ho visto macchie di sangue nelle scale, ma c'erano nell'ingresso e nel corridoio dello studio, che poi abbiamo capito che potevano essere frutto del gocciolamento quando è stata portata vita la ferita".

Le tracce di sangue lavate dalla madre di Soracco

"La volante ha accertato che la madre del commercialista aveva lavato tracce di sangue sul pavimento visto che stava strizzando lo straccio".

E rispondendo alla domande della parte civile: “La stessa Bacchioni ha detto che fosse suo dovere pulire le scale partendo dal portone e risalendo”.

Poi Zazzaro ha spiegato come era composto lo studio e ha aggiunto. "Soracco aveva dichiarato di essere sceso nello studio alle 9 e 5, a noi poi ha detto alle 9 e 10". Rammentando poi gli attimi di quando ha trovato Nada a terra e le telefonate: "Avevo toccato la segretaria e si era sporcato di sangue e poi si era lavato". Zazzaro fu colpito dal fatto che il commercialista era in ordine e non era sporco di sangue neppure nelle scarpe. Il giudice Cusatti ha chiesto se era possibile toccare la ferita senza sporcarsi. Zazzaro da detto che era possibile, spiegando poi le attività svolte subito dopo: "Sentimmo gli inquilini, ispezionammo i cassonetti della strada e delle altre vie intorno, interrogammo gli esercenti, il postino, la vigilessa, ispezionammo al caseggiato". "Poi avevamo fatto rientrare nella loro casa la mamma e la zia di Soracco in casa per separarli da lui".

Il famoso bottone che ha fatto riaprire il caso

Poi il pm Dotto ha chiesto a Zazzaro del famoso bottone che ha permesso di riaprire il caso nel 2021.

"Nel corso del sopralluogo della scientifica coperto dal sangue trovammo un bottone, comune e poteva essere abbinato a capi tipo Polo, avevamo contattato alcuni negozianti e anche la fabbrica che li produceva, ma siccome non era stato brevettato era molto difficile identificare da dove provenisse il bottone".

Il pm poi gli ha chiesto se ricorda se fosse a conoscenza del rinvenimento dei bottoni in casa di un'indagata, Zazzaro ha detto di non ricordare, aggiungendo che non sapeva se i carabinieri avessero trovato i bottoni, mi sembra di sì. Una risposta che ha spiazzato un po' tutti visto che è assodato che dei bottoni trovati in casa di Cecere si è appreso solo nel 2021 grazie alla criminologa Delfino Pesce.

Quando seppe di questo? ha chiesto ancora la Pm. Zazzaro ha così risposto: “Mi pare dopo, ma sinceramente... l'ho saputo dopo".

Allora il magistrato gli ha letto le dichiarazioni a lei rilasciate dall'ex dirigente nel 2021 quando aveva detto "non ho mai saputo del ritrovamento dei bottoni nel 1996". Zazzaro ha allora confermato questo importante particolare.

Di fronte ai tanti vuoti di memoria di Zazzaro il giudice Cusatti ha detto rivolgendosi al teste: "Certo che una ripassatina dottore...". L'ex dirigente ha risposto con grande onestà: "L'ho data la ripassatina...", come a dire che però stiamo parlando di fatti di quasi trent'anni prima.

È stato inoltre dato l'incarico per una perizia al tecnico Alberto Tarricone che dovrà occuparsi di trascrivere le intercettazioni, circa una cinquantina, l’udienza per la discussione della perizia sarà fissata al 5 giugno.

La prima telefonata dell’anonima

Interrogato sugli anonimi che hanno portato esiti al caso Zazzaro riferisce alla corte: “C’è stata una fonte confidenziale che aveva riferito che un avvocato di Chiavari avrebbe saputo che quella mattina del 6 maggio intorno alle 8.50 una donna avrebbe visto la Cecere entrare nel palazzo”. E poi su domanda della parte civile specifica:
“Un nostro ispettore ha avuto questa notizia confidenziale, lui stesso ha parlato con l’avvocato”. Siamo al 15 maggio ‘96.

L’indagine parallela dei carabinieri 

Giuseppe Gonan all’epoca capo della squadra mobile di Genova torna con la memoria a quella mattina: “La scena del crimine era un disastro, era estremamente compromessa. Notai tracce di acqua, uno strofinaccio per terra, la signora Bacchioni aveva iniziato a far pulizia dall’atrio fin su per le scale”. Gonan non sapeva 

Il grande assente: il pm di allora Gebbia

Per questo sarebbe stato auspicabile chiedere allo stesso Gebbia il perché di quelle decisioni e forse omissioni: ma il pm non è mai stato convocato dalla procura di Genova, che ha invece interrogato tutti gli investigatori di allora, come Giuseppe Gonan, che nel 1996 era a capo della omicidi della mobile, e fra i testi dell'accusa convocati per oggi.
Nella lista dei testi anche Pasquale Zazzaro, dirigente del commissariato di Chiavari, anche se il primo detective che sarà ascoltato oggi sarà Massimo Tassinari, poliziotto estraneo alle indagini del '96 ma che alla riapertura del caso si è occupato di vagliare i tabulati delle tante telefonate ed intercettazioni agli atti del processo.

Un "cold case" riaperto nel 2021

Per fare capire quanto sono cambiate e si è evolute le tecniche investigative negli ultimi trent'anni basti dire che allora i tabulati telefonici di un numero fisso non permettevano di estrapolare a chi era intestato il telefono che chiamava. Non solo: la mamma del commercialista quel sei maggio di ventinove anni fu lasciata libera di pulire alcune macchie di sangue all'ingresso dell'ufficio e sulle scale del portone di via Marsala. Inoltre nello studio nessun rilevò le impronte digitali sul telefono usato forse dall'assassina visto che all'ora del delitto, fra le 8.50 e le 9, per due volte una donna, che non era Nada, rispose a una cliente dello studio prima dicendo che aveva sbagliato numero, poi buttando giù la comunicazione.

Nel 1996 troppi errori

Quello nei confronti di Cecere è un processo comunque del tutto indiziario che proprio per i tanti errori commessi nel 1996 molto difficilmente permetterà ai giudici di trovare le prove per condannare Cecere. La donna si dice innocente ed esibisce un contratto di lavoro che attesta che alle 9.30 di quel giorno era a fare le pulizie in casa di un dentista a Santa Margherita. Spetta alla polizia trovare le prove del contrario. Ventinove anni fa poteva essere semplice, oggi quasi impossibile anche se il dentista sarà chiamato in aula dal pm Dotto.

L'alibi dell'imputata

Ai poliziotti il medico ha già detto che non ricorda chi era Cecere e se quel giorno fosse a lavorare in casa sua. In teoria la conferma che l'imputata potrebbe avere ucciso e poi essere andata a lavorare in ritardo con il suo scooter. Per quanto riguarda Soracco, unico imputato dei tre presente in aula nella prima udienza, l'altra settimana ha rilasciato due interviste, a Primocanale e a un programma della Rai, che smentiscono la sua antica versione per cui conoscerebbe Cecere solo superficialmente.

Nei giorni scorsi il commercialista ha ammesso: Cecere si confidava con me

Il commercialista per la prima volta ha infatti ammesso che la donna telefonava nello studio per confidare i suoi problemi con il fidanzato di allora (altro teste che sarà chiamato in aula), tanto che la mamma, Marisa Bacchioni, come dice anche in una registrazione telefonica agli atti, ammette che l'imputata era diventata una stalker tanto che dovettero dare l'ordine a Nada di non passare le sue telefonate: questo per gli inquirenti è il movente del delitto.

Ma nessuno li ha visti insieme

Vero è anche, però, che fra le centinaia di persone ascoltate in questi ventinove anni i poliziotti non hanno trovato nessun testimone che affermi di avere visto il commercialista con Cecere aldilà della famosa cena della scuola di ballo in un locale sopra Recco ammessa dallo stesso Soracco, che continua a dire: "ma che motivo avevo io per difendere Cecere visto che sino a quando non è stata indagate lei sono sempre stato il primo sospettato per il delitto?".

Per i pm Soracco ha visto Cecere dopo delitto

Nella ricostruzione del delitto per gli inquirenti Soracco, che abitava e abita ancora al piano di sopra di dove è situato lo studio, quella tragica mattina avrebbe visto Cecere sul luogo del delitto. Lui nega con decisione, e lo ha fatto anche in una pausa della prima udienza quando ha ripetuto al cronista di Primocanale, "l'avessi vista lì avrei cercata di fermarla o quantomeno l'avrei denunciata".

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