
La migliore difesa è l'attacco, ma in una tragedia come il ponte Morandi questa strategia può diventare un boomerang.
Oggi in aula l'ex numero 2 di Autostrade per l'Italia Paolo Berti si è difeso attaccando, parlando di sè in terza persona, con il piglio di chi subisce un'ingiustizia dai magistrati, che lui attacca usando i gli stessi aggettivi, "io non sono sciatto e neanche il demiurgo, noi abbiamo sempre fatto quanto possibile nè tantomeno abbiamo risparmito sulle manutenzuiioni e le ispezioni". Poi ha ricordato che Cesi, l'azienda pagata da Aspi per validare il lavoro di Autostrade, ha scritto che sulle grande opere avevano fatto più controlli di quelli previsti.
Ma sul proprio sito Cesi, come si legge ancora adesso, da alcuni mesi dopo la tragedia, c'è scritto: "Abbiamo suggerito ad Aspi di aumentare la frequenza di alcune ispezioni e implementare un sistema di monitoraggio dinamico, ossia continuo, della struttura in presenza di fenomeni rapidamente".
Berti poi è tornato a parlare delle definizioni dei magistrati: "C’è chi ha detto: “Avete in casa la Gioconda, la Torre di Pisa”. Ecco, considerando l’importanza dei segnali che un sistema può dare, la Torre di Pisa si è inclinata. A me, Paolo Berti, nessuno, interno ad Autostrade o esterno, è venuto a dirmi che il viadotto Polcevera si era inclinato"
Il primo imputato ex Aspi a parlare in aula è stato, Meliani, ex responsabile dell'area tecnica di Genova, di cui si è parlato molto perché una sua email inviata nel 2011 a dirigente di Spea Ceneri fa capire che già allora si sapeva del difetto di costruzione, smentendo che non fosse noto come dicono gli imputati.
Oggi Meliani, dopo le lacrime per chiedere scusa ai familiari delle vittime, ha precisato che Ceneri escluse che poteva esserci un difetto come quello trovato sulle altre pile negli anni '80 e lo stesso disse l'ingegnere Pisani, allievo di Morandi coinvolto nella ristrutturazione delle altre due pile, anche lui, ha detto Meliani, rassicurò che quel difetto sulla 11 era nato perchè era la prima pila costruita ma non era pensabile di trovare lo stesso difetto sulla pila 9".
Per la precisione Meliani davanti ai giudici ha detto: "Dopo la tragedia non è stato semplice, i mie pensieri e le mie emozioni vanno sempre a quel maledetto 14 agosto, il mio pensiero va all'enorme dolore nei cuori di tante persone distrutte per perdita di figli, papà, fratelli, persone care", ha esordito così, scoppiando in lacrime, le sue dichiarazioni spontenee l'imputato di Aspi Massimo Meliani, che prima di affrontare temi tecnici legati al suo ruolo ha letto un suo scritto per esprimete come ha vissuto la tragedia dal punto di vista personale.
Il tecnico ha proseguito singhiozzando, visibilmente provato: "Solo alcuni giorni prima avevo attraversato quel ponte con moglie e figlia per andare in villeggiatura, ricordo come fosse ieri quando vidi su un giornale online la notizia, dovetti sedermi, rimasi impietrito per diverso tempo perché razionalmente quanto accaduto non era accettabile, da ingegnere capivo la gravità dell'evento".
Poi Meliani si è subito ricomposto ed ha avviato con lucidità le dichiarazioni per risponere alle accuse che gli vengono mosse in quanto responsabile della sorveglianza del primo tronco di Genova per conto di Aspi: "Io non avevo grandi possibilità di spesa e non ho mai avviato spending review per risparmiare sulla sorveglianza, non ho inoltre mai avuto sentore che gli ispettori non entrassero a fare verifiche nei cassoni del viadotto, pensavo che ci fossero accessi almeno annuali, non ho avuto segnalazione dalla sorveglianza che ci fosse difficoltà ad accedervi, poi sapevo che i tecnici di Tecnoel effettuavano accessi per il sistema di monitoraggio del Polcevera, ricordo anche che in un'occasione fui segnalato un problema di rumore sul viadotto Entella sulla A12, chiesi all'ingergenere Vezil di effettuare accesso nel cassone per verificare se il rumore fosse dovuto al sistema di monitoraggio, mi fu detto che avrebbe chiesto di una verifica nel cassone. Nessun mi disse che non era possibile accedere nei cassoni sotto i viadotti, sentivo parlare di migliorare la possibilità di accedervi, mai di impossibilità di riuscirci".
"Sulla mail del 2011 di cui si è parlato molto - ha spiegato Meliani -, bisogno capire quale era il mio compito in quel periodo, mi occupavo di tecnologie alternative, leggendo su Internet lessi della tecnica del georadar per controllare le strutture di cemento armato, mi confrontai con i colleghi che conoscevano già il georadar, si trattò di un confronto tecnico con l'ingegnere Ceneri sulla diagnostica non distruttiva, in quella mail faccio riferimento al tema della sperimentazione, l'idea era di usare il georadar, mi ero già confrontato con altri colleghi senza ottenere risultati significativi, Ceneri mi disse che non sarebbe stato facile riuscire a usare il georadar per l'acciaio e anche per le dimensoni della possibile anomalia da intercettare, nell'ordine di qualche centimetro, ed escluse che poteva esserci un difetto come quello trovato sulle altre pile negli anni '80, un passaggio su questo lo feci anche con ingegnere Pisani, allievo di Morandi e coinvolto nella ristrutturazione delle altre due pile, anche lui, come ha riportato nella sua relazione, rassicurò che quel difetto della pila 11 era nato perchè era la prima pila costruita e non si era ancora preso confidenza con quel tipo di problematiche e non era pensabile di trovare lo stesso difetto sulla 9".
Sulle riflettometriche - ha spiegato ancora Meliani - non avevo competenza, ma Spea non rappresentò mai problemi, su endoscopie e carotaggi, non ho mai considerato la possibilità di andare a fare indagini così mmassive e drastiche su uno strallo, che è uno struttura snella e fragile, perchè con una endoscopia si poteva non trovare nulla ma nello stesso tempo provocare un un buco che avrebbe potutto favorire infiltrazioni dall'esterno".
Cronistoria processo
Le dichiarazioni spontanee come ultima carta della disperazione degli ex vertici di Autostrade per l'Italia sul banco degli imputati per la tragedia del crollo del ponte Morandi costala vita a 43 persone: oggi tocca all'ex direttore delle operazioni Aspi Paolo Berti, domani in aula ci saranno il responsabile delle manutenzioni Michele Donferri e anche Riccardo Mollo, direttore generale di Aspi e Roberto Ferrazza, provveditore alle opere pubbliche di Liguria e Piemonte, mercoledì gran finale con l'ex numero 1 Giovanni Castellucci, il super manager della famiglia Benetton già condannato per la tragedia del pullman caduto sull'autostrada di Avellino e per cui, se la Cassazione confermerà la pena, il primo aprile potrebbe finire in prigione.
Mercoledì parleranno anche altri due importanti imputati: Lucio Ferretti Torricelli, responsabile opere d’arte Spea e Massimiliano Giacobbi, responsabile divisione esercizio e nuove attività Spea,
Oggi in aula ci sarà anche a Massimo Meliani, ex responsabile dell'area tecnica di Genova di Aspi, di cui si è parlato molto in aula durante le ultime relazioni dei periti del tribunale perché una sua email inviata nel 2011 al responsabile Collaudi e controlli non distruttivi di Spea Maurizio Ceneri smonterebbe la tesi difensiva che il crollo della pila 9 è stato causato a un difetto di costruzione sullo strallo non noto perché nascosto dalla ditta costruttrice.
Nella comunicazione Meliani chiede a Ceneri un parere su una sperimentazione che vorrebbe utilizzare “in vista dell’ispezione ravvicinata sugli stralli e già programmati perché ipotizza di utilizzare il “georadar” per “evidenziare eventuali cavità nascoste nel getto, non superficiali, come credo fosse quella trovata a suo tempo sullo strallo di pila 11 e quindi non riscontrabili con battute di martello”.
Meliani appariva preoccupato tanto da allegare alla mail un articolo sull’uso del georadar, spiegando che lo strumento ha “anche altre finalità”, ma – dice Meliani – “credo che potremmo essere già soddisfatti se riuscissimo ad escludere vuoti all’interno della guaina in calcestruzzo”. Ossia il difetto che avrebbe causato il cedimento dello strallo e di conseguenza del ponte.
Berti invece è stato il responsabile della Direzione Centrale Operations di Aspi dal 18.5.2015 al crollo, ossia 1.184 giorni, quindi per 3 anni e 3 mesi, di fatto il numero 2 di Autostrada. Lui che aveva sollevato più volte dubbi sull'affidabilità di Spea, a cui erano affidati i controlli delle autostrade, è accusato di avere sottovalutato i report e il fatto che il Morandi non venisse più monitorato in modo adeguato.
Nelle carte dell'accusa si cita uno scambio di email fra lui e Donferri del 25 giugno 2018, neanche due mesi prima del crollo.
Lui propone "aria deumidificata iniettata nei cavi del Polcevera per togliere
umidità…"
Donferri risponde in modo definito "laconico e agghiacciante" dai pm: "Da noi sono già corrosi". Berti, che per i magistrati era già a conoscenza della gravità della situazione, ribatte: "Sti cazzi…. io me ne vado… li mortacci…".
In ballo c'era il progetto di retrofitting che avrebbe dovuto mettere in sicurezza anche la pila nove e invece sempre rinviato tanto che i lavori sarebbe dovuti partire pochi mesi dopo l'agosto del 2018: il mese del crollo, fuori tempo massimo. Lavori ipotizzati, e da svolgere, come si legge nelle carte dell'accusa e come hanno ribadito i periti del tribunale, già dagli anni '90 quando vennero sistemate le due pile gemelle 10 e 11 del ponte.
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IL COMMENTO
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