Cronaca

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Dopo l'udienza di mercoledì 9 aprile e l'imminente deposito della maxi memoria dei pm si va verso la requisitoria con le richieste delle condanne
2 minuti e 4 secondi di lettura
di Michele Varì
L'udienza di oggi, mercoledì 9 aprile, dopo quasi tre anni segna la fine dell'istruttoria del processo per la tragedia di ponte Morandi costata la vita a 43 persone: il prossimo bivio, dopo un'ultima udienza di fine aprile in cui sarà deposita la voluminosa memoria dei pm, sarà la richiesta delle condanne, la requisitoria, da parte dei magistrati dell'accusa Cotugno e Airoldi (con la supervisione di Massimo Terrile), che dopo due mesi di pausa, potrebbe prender il via a luglio, prima della pausa estiva, e concludersi a settembre.

A quel punto la prossima scadenza sarà la sentenza di primo grado, prevista fra un anno, nella primavera del 2026.

Alla sbarra per la tragedia del 14 agosto 2018 ci sono 58 imputati fra cui i vertici di Autostrade per l'Italia e di Spea, e alcuni tecnici del Ministero, che in sintesi si sono difesi dicendo che non potevano intercettare il difetto causa del crollo sulla pila 9 perché nascosto dai costruttori e di cui si è appreso solo dopo il disastro dall'esame delle macerie, nell'incidente probatorio.

L'accusa e parti civili, su tutte i familiari delle vittime, hanno cercato di convincere i giudici Lepri, Baldini e Polidori che invece i gestori del viadotto Polcevera che dopo avere ristrutturato negli anni '90 le pile gemelle 10 e 11 avrebbero dovuto fare lo stesso anche per la 9 su cui, nonostante si potesse ipotizzare il degrado, non sono stati fatti mai scassi sulla sommità per controllare lo stato dei cavi nascosti nel calcestruzzo.

Fra le varie accuse anche una email fra due imputati che già nel 2011 ipotizzano di controllore lo strallo della pila 9 per un difetto e il colpevole utilizzo di una tecnica di monitoraggio, le Rimt, le prove riflettometriche, ritenuta inadeguata e non a caso utilizzata quasi solo da Autostrade per l'Italia.

Respira, intanto, il principale imputato Giovanni Castellucci, ex amministratore delegato di Autostrade che rischiava di finire in galera dopo l'11 aprile perché condannato in secondo grado a sei anni per il pullman precipitato nel 2013 dall'autostrada A16 di Avellino in cui persero la vita 40 persone: la procura generale della Cassazione ha chiesto l'annullamento con rinvio alla Corte d'Appello chiedendone al contempo l'assoluzione dall’accusa di disastro colposo "perché il fatto non sussiste".

Castellucci nel corso delle dichiarazioni spontanee rilasciate nelle ultime udienze sotto la tensostruttura del tribunale di Genova ha detto di sentirsi "responsabile ma non colpevole" del crollo, facendo infuriare i familiari delle vittime in aula: "Noi la sera del crollo eravamo all'obitorio, lui a cena" ha detto Paola Vicini, mamma di Mirko, l'ultima vittima ritrovata sotto le macerie.