Cultura e spettacolo

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di Stefano Rissetto

Il 12 ottobre 1896, nel grande palazzo bianco sulla prima curva di Corso Dogali, nasceva Eugenio Montale, insignito nel 1975 del Premio Nobel per la Letteratura (nella foto, il letterato genovese alla cerimonia di premiazione a Stoccolma).

Il poeta, che il padre avrebbe voluto dirigente d'azienda e che in cuor suo sperava in una carriera di cantante lirico, visse gran parte della sua esistenza lontano da Genova, che infatti non ha un ruolo dominante nella sua opera, tra Firenze dove fu direttore del Vieussex poi rimosso per mancata adesione al fascismo e Milano dove lavorò al "Corriere della sera", "come redattore ordinario" amava dire. A Milano chiuse gli occhi, il 12 settembre del 1981, a Firenze è sepolto con la moglie "Mosca" nella piccola necropoli di San Felice a Ema. Sono le Cinque Terre il contesto montaliano eccellente, negli anni artisticamente più fertili, prima che in età matura la sua poesia si rarefacesse fin quasi all'atonalità.

Estraneo prima al regime e poi al conformismo militante del dopoguerra, Montale è rimasto un pianeta remoto dal centro della vulgata culturale contemporanea. Lo studiano nelle università, Harold Bloom - massimo critico del nostro tempo - lo considerava il cardine della poesia occidentale in una triade tutta italiana con Alighieri e Leopardi. A Genova gli hanno dedicato un ambulacro limitrofo al teatro e uno spiazzo chiamato "giardini" in circonvallazione, non lontano da casa sua dove una targa sbiadita lo ricorda. Eppure, proprio Montale scrisse, "memoria non è peccato fin che giova".