VENEZIA - Leonard Bernstein è stato uno dei più straordinari uomini di musica del ventesimo secolo, direttore nel corso della sua carriera della New York City Symphony Orchestra, dell'Orchestra sinfonica di Tel Aviv e della New York Philarmonic Orchestra. Ha composto opere teatrali, balletti, sinfonie, pezzi da camera e musical, il più famoso dei quali è ‘West side story’. A portarlo sullo schermo, interpretandolo con una sovrapposizione fisica perfino inquietante, è Bradley Cooper che ne racconta i successi ma soprattutto il rapporto travagliato che ebbe con la moglie, l'attrice e attivista costaricana Felicia Montealegre Cohn, interpretata da Carey Mulligan.
Il suo Lenny (come veniva chiamato Bernstein) è un burlone, un seduttore, un monaco dalla devozione creativa e - nonostante tutto - un uomo dall'epica contraddizione. In pubblico tende al corretto, in privato è abbastanza esuberante da non nascondere il suo lato gay. Ha un'anima stratificata, riverente direttore d'orchestra di classici, ardente edonista attratto in modo impenitente dagli uomini da un lato e devoto marito e padre di famiglia dall’altro.
Il film parte dal 14 novembre 1943, giorno fatidico in cui Bernstein, venticinquenne assistente direttore della New York Philharmonic, è chiamato a salire sul palco, senza prove, per sostituire il direttore ospite dell'orchestra che si era ammalato. Da lì, Cooper, che ha scritto la sceneggiatura con Josh Singer, descrive nei dettagli l'ascesa di Bernstein come direttore d'orchestra esuberante ed espressivo e come compositore la cui musica parlava in un vernacolo di pop urbano del tutto accessibile. Perché dall’allegria di ‘On the Town’, all'audacia romantica di ‘West side story’ è difficile che qualcuno si possa sentire escluso e Bernstein, ci dice il film, aveva un talento speciale per l’inclusione.
Poi l’incontro con la donna che diventerà sua moglie fa scattare un’altra scintilla. I due si innamorano profondamente e sebbene Felicia suggerisca discretamente di sapere tutto sull'"altra" vita di Leonard, giurano di far funzionare l'unione. Prima che se ne rendano conto, hanno tre figli ed entrambi raggiungono il successo professionale che sognavano, anche se la stella di Leonard brillerà più luminosa e più a lungo. Ci aspetteremmo che il film “spieghi” in qualche modo la loro relazione, e invece Cooper fa qualcosa di più audace: la presenta, da ogni angolazione, in tutto il suo mistero. Felicia capisce fin da subito che Lenny ha la sua altra vita ma lo accetta consapevolmente. Quanto Lenny è motivato dall’amore e quanto dal bisogno politico di mantenere la “copertura” in un mondo in cui l’omosessualità è ancora sostanzialmente vietata? Il fatto che il film si rifiuti di rispondere a questa domanda lo rende onesto nel mostrarci che non è possibile risolvere la contraddizione al centro di un matrimonio che inizia come devozione, flirta con il tradimento, soccombe a una sorta di disperazione e alla fine ritorna alla devozione.
Eppure questa rimane sempre una storia d'amore: Cooper e Mulligan mettono in scena un rapporto che è sopravvissuto a qualunque cosa possa essere accaduta in una camera da letto o nell'altra. Allo stesso tempo, ‘Maestro’ ha ben chiara l'attrazione di Leonard per gli altri uomini e la sua vita con loro. Si tratta di amare le persone per come sono realmente, a volte il compito più difficile che ognuno di noi è chiamato a svolgere. E se tra i due la lealtà è totale, la lealtà non è sinonimo di fedeltà, un concetto che Cooper esplora senza paura.
Ci vuole coraggio a dirigere un film che avrebbe dovuto essere realizzato, in tempi diversi, da Steven Spielberg o Martin Scorsese che sono rimasti entrambi come produttori, ma ‘Maestro’ colpisce nel segno, ritratto di Bernstein come un narcisista carismatico schiavo di un matrimonio in cui crede ma del quale non riesce a essere completamente all'altezza, storia di un genio egoista estremamente simpatico che si tuffa nelle complessità non del tutto conoscibili dell'amore e del desiderio. Facendolo con riverenza, intelletto e talento: uno sguardo dietro il volto pubblico di un artista davvero grande.
Si potrebbe anche dire che ‘Maestro’ è un titolo leggermente fuorviante perché in realtà è la storia di due persone: un omaggio sia a lui che a Felicia. La realizzazione di un film biografico spesso si basa sulla beatificazione o sulla vittimizzazione, ma qui attraverso loro due ci viene mostrato quanto a volte arte e vita siano integrate. E sebbene possano e debbano influenzarsi a vicenda, è l’amore, non la fama, il legame che li tiene uniti.
IL COMMENTO
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