GENOVA - Occhi che ci guardano, occhi che ci interrogano, occhi che ci mostrano come vedono loro il mondo. Sono gli occhi dei bambini di tutto il mondo che Steve McCurry ha saputo catturare e trasformare in icone immortali. Sono gli occhi che fino al 10 marzo 2024 il pubblico, genovese e non solo, potrà incontrare nel sottoporticato di Palazzo Ducale, in una mostra-viaggio che attraversa paesi e decenni differenti. Anche se, in alcuni luoghi, il tempo non sembra essere trascorso, come nel caso di uno dei ritratti più celebri, la ragazza afghana della copertina della rivista National Geographic: incontrata nel 1985 in un campo profughi di Peshawar e ritrovata 17 anni dopo, solo le rughe segnano il passaggio del tempo. E quello del grande fotografo è un ritorno per la città di Genova, dopo undici anni. L'ultima mostra fotografica dell'artista, infatti, l'aveva ospitata proprio Palazzo Ducale nel 2012.
"E Steve McCurry in persona a gennaio sarà ospite di Palazzo Ducale: le sue foto ci ricordano quanto sia importante proteggere i bambini, perché sono il nostro futuro e dovrebbero essere gli occhi dell'innocenza, della spensieratezza, della curiosità. E molti invece affrontano grandi difficoltà nella loro quotidianità"
Annuncia così il presidente di Palazzo Ducale, Beppe Costa, la presenza del grande fotografo. La mostra, grazie allo scenografico allestimento di Peter Bottazzi, al progetto dei contenuti video di Silvia Rigoni e ad un impianto illuminotecnico curato da Titta Buongiorno, inizia con una straordinaria serie di ritratti e si sviluppa tra immagini e video di guerra e di poesia, di sofferenza e di gioia, di stupore e di ironia. Dall’Afghanistan all’India, dal Messico al Libano fino in Italia e poi Birmania, Giappone, Africa fino al Brasile, quante storie raccontate nei suoi reportage che gli spettatori potranno seguire nelle sale del sottoporticato, dagli anni 80 ai giorni nostri.
Oltre 100 scatti che si mescolano con le proiezioni digitali: "Children" è un allestimento di grande impatto che mescola i volti in primo piano a paesaggi mozzafiato, attimi rubati a quelle che sembrano delle vere e proprie composizioni dai colori brillanti. Ed è il frutto di quasi cinquant’anni di attività, a caccia dello sguardo dell’innocenza: i bambini ritratti dall'obiettivo di McCurry sono diversi per etnia, abiti e tradizioni ma esprimono lo stesso sentire con la loro inesauribile energia, gioia e capacità di giocare persino nei contesti più anomali e difficili, spesso determinati da condizioni sociali, ambientali o di conflitto. Ed è questo che ha voluto sottolineare Peter Bottazzi, art director, nel costruire un dialogo tra opere reali e opere virtuali.
"Queste sono foto che puoi bere e l'idea che ha guidato questo allestimento è proprio questa: sono scatti che fluttuano nella nostra immaginazione. Sono un qualcosa che ci appartengono, per quanto siano lontane come provenienza geografica. Ma quando si parla di una fascia come quella dell'infanzia, ci sentiamo subito coinvolti tutti"
IL COMMENTO
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