GENOVA - "Il gesto di oggi avrebbe offeso moltissimo Artemisia perché lei, come ho cercato di raccontare veramente a tanti pubblici diversi, è sempre stata molto sensibile rispetto a questi temi della violenza e della parità di genere, temi all'ordine del giorno che l'arte di Artemisia ci consente di trattare e di raccontare in modo diverso con la forza delle sue immagini": al di là di come la si pensi su quella divisiva stanza dello stupro, la condanna nei confronti del gesto dei tre attivisti di "Bruciamo tutto" è arrivata unanime da parte della città di Genova, anche dalla curatrice e storica dell'arte Anna Orlando che ha voluto ricordare il significato delle opere di un'artista eccezionale. Un'artista che emerge pienamente dall'allestimento di Arthemisia a Palazzo Ducale, che ha portato in città tanti visitatori e che ha destato grande attenzione nel panorama dell'arte nazionale. Un allestimento attuale, capace di coniugare le potenzialità offerte dalla tecnologia con le opere scelte dalla curatela di Costantino D'Orazio e abbinate anche ad una selezione di opere legate anche alle altre donne del suo tempo e a Genova. Un allestimento sicuramente potente, che arriva come un pugno allo stomaco, nella scelta di raccontare in una stanza immersiva la violenza subita dall'amico e collega del padre, Agostino Tassi: nella stanza buia le parole pronunciate dalla pittrice al processo contro il suo violentatore riecheggiano mentre il letto e le pareti si tingono di sangue. Lo stesso sangue che sgorga copioso nelle opere dove Artemisia si 'vendica' attraverso l'arte, ristabilendo la giustizia che a lei fu negata.
"Questa artista ha lottato con la forza delle sue immagini, ha lottato con i suoi quadri dove racconta sempre sé stessa. È sempre lei. La vedete che ci guarda e trionfa sul male subito. Quindi questi sono messaggi positivi, messaggi di reazione e di azione, dove la violenza è simbolica, è la condanna del male. Quindi penso che un gesto come questo, che è negativo nella sua totalità, non sarebbe stato apprezzato neanche da Artemisia, che era una donna, non era una femminista, al di là delle prese di posizioni politiche e delle strumentalizzazioni politiche", spiega Orlando a Primocanale.
Artemisia e quella "stanza dello stupro" che divide a Palazzo Ducale - L'OPINIONE
Oggetto di contestazione è stata anche la presenza di tre opere di Agostino Tassi all'interno della mostra, opere che permettono di conoscere meglio il contesto in cui operava Orazio Gentileschi e lo stesso Tassi. Le opere - di cui erano in vendita al bookshop anche alcuni gadget - sono state "oscurate" da dei teli neri da parte del collettivo, costola di "Ultima generazione", il gruppo che solitamente fa questo tipo di dimostrazioni e proteste per riportare l'attenzione sui cambiamenti climatici. Ma questa volta è l'istanza 'femminista' ad aver spinto i tre giovani, due ragazzi e una ragazza di età tra i 25 e i 30 anni, a manifestare. I tre lombardi, per cui è stato promulgato un foglio di via, hanno scritto accanto alle opere del pittore il nome dell'ultima vittima di femminicidio in Italia, Joy Omoragbon: si tratta di una donna di 49 anni e di origini nigeriane, uccisa a coltellate probabilmente dal compagno a Cologno al Serio, in provincia di Bergamo.
Su Primocanale è intervenuto anche il presidente di Fondazione Palazzo Ducale, Beppe Costa, che ha condannato le modalità della protesta, con grande dispiacere nei confronti di chi non ha potuto accedere alla Cappella del Doge, pur avendo acquistato con anticipo il biglietto.
"Naturalmente non sono contrario all'espressione delle proprie opinioni, ma ritengo che vada fatto tenendo conto anche della libertà degli altri. E oggi c'erano moltissimi visitatori a cui è stato negato il diritto di vedere la mostra"
"Ringrazio polizia e carabinieri per l'intervento e per la celerità dei rilievi condotti. E ringrazio anche il personale di Palazzo Ducale e della società Arthemisia che hanno consentito di riaprire l'esposizione già nel pomeriggio". Chiara la condanna, invece, del presidente e assessore alla cultura di Regione Liguria, Giovanni Toti, che ha espresso solidarietà alla struttura e condannato fermamente le azioni delle attiviste: "Un modo di esprimere il dissenso che condanniamo fermamente perché l’arte non va mai censurata, anche se una mostra non piace".
"Non è con gesti violenti e incivili che si combatte violenza e inciviltà. E vale anche per la violenza di genere. Anzi, forse in particolare per la violenza di genere. Un’opera e il luogo che le ospita non sono un tiro a segno ma rappresentano il lavoro, i sacrifici e l’impegno di tante persone”