Cultura e spettacolo

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di Silvia Isola

GENOVA - Una stanza in penombra, un letto che si colora di sangue, le parole che riecheggiano nella sala, che Artemisia Gentileschi usò nel 1612 per difendersi dal suo stupratore, Agostino Tassi: al centro delle polemiche da diverse settimane c'è la ribattezzata "stanza dello stupro", all'interno della mostra "Artemisia Gentileschi. Il coraggio e la passione". Una installazione immersiva che spiega 412 anni dopo la sofferenza, e il grande coraggio, di una vittima di violenza, che rende la pittrice e i suoi quadri più attuale che mai. E che ha destato polemiche e sit-in da parte di alcune attiviste di Non Una di Meno: dopo che le proteste si sono allargate, Palazzo Ducale ha deciso di aggiungere un cartello di avviso per gli spettatori prima dell'ingresso nella sala, che nel corso del weekend è stata separata dal percorso espositivo da una tenda nera. A contestare questa sala, infatti, sono state anche alcune divulgatrici e storiche dell'arte, che hanno parlato di spettacolarizzazione della violenza carnale: "è voyeurismo, una micidiale operazione patriarcale" hanno scritto in una lettera. Alle voci contrarie, si è aggiunta anche quella di Cecili Hollberg, direttrice della Galleria degli Uffizi di Firenze, che ha commentato "non riduciamo Artemisia a una vittima". 

La mostra, inaugurata a novembre alla presenza dell'allora sottosegretario alla cultura Vittorio Sgarbi e promossa in tutta Italia, sta riscontrando un grande successo di pubblico. E proprio per questo motivo, Regione Liguria ha promosso un'iniziativa di promozione culturale e al tempo stesso di sensibilizzazione, decidendo di portare per una settimana al Teatro Ariston di Sanremo, durante il Festival, una copia di un'opera di Artemisia. Dai depositi di uno dei musei di Strada Nuova ai riflettori di Sanremo, "Giuditta con la testa di Oloferne" è stata fotografata assieme ai cantanti in gara, proprio per diffondere il messaggio della pittrice, una denuncia contro la violenza sulle donne e una rivendicazione della propria indipendenza e libertà. E proprio da lì il presidente di Regione Liguria Giovanni Toti aveva espresso le sue perplessità di fronte alle polemiche, ribadendo l'importanza di preservare la libertà di un curatore nel costruire l'allestimento. E la collaboratrice alla curatela Anna Orlando preferisce riportare l'attenzione sui quadri e sul decodificare il linguaggio stilistico della pittrice. 

Intanto l'azienda che ha promosso la mostra e che prende il nome proprio dalla pittrice, Arthemisia, ha respinto ogni accusa al mittente, spiegando come la sala sia "una denuncia intransigente della violenza sulle donne". Dopo qualche tensione con il Palazzo, non avendo compreso l'operazione del telo nero, la soluzione sembrerebbe essere stata approvata. A spiegare la decisione è lo stesso presidente della Fondazione, Beppe Costa che a Primocanale ha commentato: "Non si tratta di voler oscurare una parte della mostra, ma di cercare di andare incontro a sensibilità diverse: non siamo arroccati nella nostra torre d'avorio e ascoltiamo sempre critiche e osservazioni che ci possano essere mosse. Ma continuiamo a condividere la presenza di questa stanza in mostra". 

Intanto, la voce di Artemisia risuona più attuale che mai, in un momento in cui i casi di femminicidio, violenze e stalking sono all'ordine del giorno, attraverso i suoi quadri e attraverso le carte del suo processo, in cui poi non ottenne mai una vera giustizia, nonostante la condanna di Agostino Tassi che avrebbe dovuto lasciare la città.