Cultura e spettacolo

Un poeta scomodo e rivoluzionario sempre al servizio degli ultimi
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di Dario Vassallo

GENOVA - C'è sempre un sogno, nella musica, fatto di libertà, amore, rabbia, partecipazione e tante altre cose ancora. Fabrizio De André, che oggi avrebbe compiuto 82 anni, lo ha sempre cavalcato con testarda determinazione, al di fuori del tempo e delle mode. In fondo, il suo segreto sta tutto qui e il rimpianto per essersene andato troppo presto in una giornata come questa torna inevitabilmente a graffiarti dentro pensando a tutto quello che ancora avrebbe potuto regalarci.

Certo, un artista. Certo, un poeta. Ma di quelli veramente 'rivoluzionari' col suo stare perfettamente in equilibrio tra più anime: una apertamente popolare (da 'Bocca di rosa' a 'Carlo Martello' scritta insieme all'amico Paolo Villaggio), una più dichiaratamente elitaria ('Tutti morimmo a stento', 'La buona novella'), una totalmente mediterranea che trovò in 'Creuza de ma' un manifesto talmente impensabile che il suo stare per settimane e settimane in cima alla classifica fu considerato un vero e proprio evento. Un piccolo gioiello di rigore ed emozione.

E poi c'è stato quel suo farsi portavoce delle contraddizioni di una realtà rassegnata: i diversi, i respinti, i negletti, gli umili, i condannati alla marginalità. Faber ha dato loro un'anima che era un grido. Senza compromessi, senza distinguo, senza concedere sconti. Ci manca, Faber, e continueranno a mancarci le sue canzoni, schegge di vita vissuta, lampi di suggestioni assorbite da realtà e letteratura (lo 'Spoon river' di Edgar Lee Master), ricche di aneliti libertari e suggestioni anarchiche talmente forti da far breccia nel cuore di tanti, e non solo di coloro disposti a lasciarsi catturare. Dovunque tu sia, buon compleanno.