GENOVA - È una maggioranza compatta quella che si è mostrata nel primo consiglio regionale post arresto del presidente Giovanni Toti, dagli scranni degli assessori ai banchi dei consiglieri di centrodestra. Così nell'aula intitolata a Sandro Pertini si è consumato il primo round di una partita che, giurano le opposizioni, non si fermerà all'atteggiamento granitico ostentato in via Fieschi. Se la squadra del presidente (sospeso) Giovanni Toti, agli arresti domiciliari con l'accusa di corruzione e voto di scambio, ha fatto quadrato intorno al governatore, la minoranza promette battaglia in aula, con un atteggiamento ostruzionista, che porti alle dimissioni del governatore.
Passo indietro che non è stato contemplato, almeno fino a oggi, da nessun esponente della maggioranza, anche se la preoccupazione, tra i corridoi del consiglio regionale e della Regione, è sempre più tangibile. Ma si sa che esiste sempre una regola, soprattutto a certi livelli, ed è quella del "The show must go on" (lo spettacolo deve continuare ndr), almeno finché è possibile. E allora il centrodestra non arretra di un centimetro, difende il suo presidente, senza mai una sbavatura, anche di fronte agli interventi dei consiglieri di centrosinistra, che invocano a gran voce le dimissioni, per etica e opportunità politica. Ma se la partita nel capoluogo ligure procede su un unico binario, a Roma la sceneggiatura è più variabile, soprattutto negli uffici di Palazzo Chigi.
"Siamo tutti garantisti" ripetono come un mantra da Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia, ma da essere garantisti a rischiare il tracollo, ne scorre di acqua sotto i ponti. E lo sa bene la premier Giorgia Meloni, che nelle scorse ore ha rimarcato la sua stima nell'operato di Giovanni Toti, "ha lavorato bene, aspettiamo le sue risposte", ma che con i suoi più stretti collaboratori sta già pensando al dopo. E il dopo si chiama voto anticipato, quelle Regionali che sembravano fissate nella primavera 2026 ma che sembrano invece palesarsi sotto quel ticchettio della pioggia autunnale. L'ipotesi, sempre più accreditata, è quella di un'election day tra ottobre e novembre insieme all'Umbria e (probabilmente) all'Emilia Romagna, qualora Bonaccini venisse eletto in Europa.
Sulla scrivania della leader di FdI iniziano a circolare volti e professioni, e se la prima prova sembrava virare su un esponente del partito maggioritario, erano circolati i nomi di Simona Ferro (attuale assessore regionale) e Massimo Nicolò (ex vicesindaco di Genova), oggi il mirino si è spostato su un tecnico. Perché sì, Giorgia Meloni vuole scavallare l'uomo politico, e affidarsi a un professionista, vergine rispetto alle storture dei partiti. Il nome che circola nelle ultime ore, e da Roma è volato a Genova, è quello del rettore dell'Università genovese Federico Delfino. Ingegnere, già delegato per il ponente ligure e già direttore del campus universitario di Savona, è stato eletto per il mandato 2020-2026. Si tratterebbe di una figura terza, al di sopra di ogni sospetto, più vicino alle idee di centrodestra, e che potrebbe "ripulire" l'immagine di una politica che è sempre più lontana dai cittadini. Perché, dove non arriva la politica, arriva il "professore", chiamato a far ripartire una macchina che negli anni si è inceppata, per non dire schiantata.
IL COMMENTO
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