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di Stefano Rissetto

I tifosi più attempati lo mettono sul podio, non importa in quale ordine, insieme con Gianluca Pagliuca e Massimo Cacciatori. Di sicuro Piero Battara (a destra ai tempi dell'agonismo, a sinistra in un'immagine recente) 86 anni oggi festeggiati da tutto il mondo della Sampdoria, è ancora ben noto a Napoli: tra gli anni Sessanta e Settanta, quando lo stadio di Fuorigrotta era intitolato a San Paolo, il portiere blucerchiato sbarrava la strada da solo agli attaccanti azzurri, salvando la pelle della Sampdoria. Una volta restò in campo con un dito rotto e naturalmente finì 0-0. Perciò sotto il Vesuvio il suo nome è proverbiale, un vero spauracchio.

Ma Battara è stato soprattutto il portiere di una Sampdoria eroica, sempre in lotta per la salvezza e con pochi soldi da spendere: arrivato nel 1961, svestì la maglia numero 1 undici anni dopo, mettendoci in mezzo la salvezza nello spareggio di San Siro con il Modena del 7 giugno 1964, la retrocessione del 1966 subito rimediata con Fulvio Bernardini alla guida e con un campionato fitto di primati, resistiti dodici anni fino alla straordinaria prestazione dell'Ascoli di mister Mimmo Renna nel 1978. Battara chiuse nel 1972, alla fine di un torneo che aveva visto la Sampdoria piazzarsi all'ottavo posto, come si dice oggi "nella colonna sinistra della classifica" visto che si giocava a 16 squadre e ovviamente 2 punti a vittoria.

E' tornato alla Sampdoria negli anni Novanta, da preparatore dei portieri, restandoci fino alla fine del millennio: molto ha influito nella carriera appunto del suo riconoscente allievo Pagliuca, vicecampione del mondo a Pasadena 1994. Nel tempo, anche il figlio Massimo e il nipote Daniele hanno scelto il ruolo più ingrato e difficile del gioco del calcio.