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di Stefano Rissetto

Tra i ricordi di Pelé, scomparso il 29 dicembre a 82 anni, in chiave genovese e sampdoriana spicca quello dei familiari di Eugenio Bersellini, primo allenatore dei blucerchiati a vincere un trofeo, la Coppa Italia 1985.

Da calciatore, Bersellini (originario di Borgo Val di Taro, nell'Appenino Parmense, scomparso a 81 anni nel 2017) aveva affrontato Pelé ai tempi in cui il futuro mister giocava nel Lecce. Era il 24 giugno 1967 e il Santos, in tournèe in Europa, si era spinto in Salento, per affrontare i giallorossi allora in C, fischio d'inizio alle 18. Era stato l'intraprendente presidente del Lecce, Marcello Indraccolo, a combinare l'amichevole con la squadra della "Perla Nera", così come l'anno precedente era riuscito a far venire lo Spartak Mosca per l'inaugurazione dello stadio di via del Mare.

In campo c'erano due giocatori con il numero 10: Pelé e Bersellini, centrocampista offensivo e capitano giallorosso. La partita finì 5-1, Pelé segnò una tripletta.

"Papà teneva questa foto nel suo cassetto - ricorda Laura Bersellini, figlia del tecnico che allenò il Doria dal 1975 al 1977 e altri due anni nel decennio successivo, vincendo nel mezzo uno scudetto con l'Inter, professionista innovativo, alcuni tra cui lo scrivente dicono che la sua squadra del 1985 sia stata la più bella Sampdoria di sempre - come prezioso ricordo di un'esperienza straordinaria che aveva vissuto nel 1967 a Lecce, la squadra di cui era capitano e che lo vide esordire come allenatore nel 1969 a soli 33 anni. La narrazione di quei giorni era vivida nella sua memoria e i suoi occhi si illuminavano di gioia e gratitudine per aver vissuto quei giorni insieme alla squadra brasiliana. Pare infatti che il giovane Eugenio trascorresse ogni momento libero ad osservare i giocatori brasiliani fuori e dentro il campo cercando di cogliere umilmente spunti e insegnamenti, ed io non stento a crederlo conoscendo la curiosità, la passione e la continua ricerca innovativa del Sergente di Ferro. Per esempio, per anni mi sono occupata io stessa di registrare su cassette, la musica brasiliana disco samba, che poi lui utilizzava con i suoi ragazzi durante un certo tipo di allenamento - e non certo per feste (e festini). In quegli anni papà stava pensando al proprio futuro, era al termine della sua carriera calcistica ed aveva la possibilità di svolgere un mestiere fuori dal mondo del calcio che avrebbe assicurato alla nostra famiglia benessere e stabilità. Credo che questo incontro speciale insieme alla stima per l'avvocato Indraccolo (presidente del Lecce) che riconobbe in lui le capacità, competenze e i valori per diventare un buon allenatore, portarono papà ad intraprendere la sua carriera da allenatore. Certi incontri ti cambiano la vita".

I ricordi si susseguono: "Avevo una copia di questa foto appesa sul frigo in cucina - ricorda la figlia di Bersellini - e un giorno mentre mio figlio Alberto, allora 4 anni, faceva merenda con il nonno gli chiede: "Nonno, chi è quel giocatore che ti abbraccia?". "Un grande giocatore". "Un grande giocatore come te nonno". Ridendo il nonno gli rispose "no, lui era davvero grande"".