Cronaca

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Ora l’inchiesta si sposta sulla mancata prevenzione del disastro. Dalla Procura avvertono: “Sotto la lente d’ingrandimento ci sono le azioni di molte persone”, e ora tremano anche i politici. “Dobbiamo ricostruire esattamente i ruoli e i comportamenti che hanno avuto un certo numero, rilevante di soggetti”, dice il Procuratore capo di Genova ai microfoni di Primocanale.

Dopo l’inchiesta sulle carte taroccate, quella sulla mancata prevenzione del disastro: è su questo secondo filone che ora si muove la  procura di Genova. La prima inchiesta, quella sugli orari falsati dell’esondazione del Fereggiano, ha portato all’arresto del capo della Protezione civile del Comune, e dei dirigenti Gianfranco Delponte e Pierpaolo Cha, oltre alla denuncia un altro funzionario. L’altro filone, quello relativo al disastro dell’alluvione, potrebbe coinvolgere molte più persone tra funzionari e politici.

“Il procedimento relativo all’alluvione è ovviamente in fase di indagini – dice Di Lecce - stiamo valutando con i colleghi i contenuti e le conclusioni della relazione dei periti, che è molto complessa e molto ampia”.

Una relazione che tiene conto di tutto quello che è accaduto prima, durante e dopo l’alluvione. E se i 4 funzionari denunciati dovranno rispondere di falso, le accuse per la seconda inchiesta saranno quasi certamente più pesanti, visto che il 4 novembre ci furono 6 vittime e danni per centinaia di milioni. Si potevano evitare quei danni, o quantomeno i morti? E’ quello che si chiedono gli inquirenti, pronti a chiamare in causa tecnici e quasi certamente anche politici. “Anch’io ho un libro da leggere, non ero io il disaster manager”, dice Francesco Scidone, ex assessore alla Protezione civile.

“Al momento non ci sono politici indagati nel procedimento sull’alluvione, ma non ci sono neppure altri soggetti. Ci sono indagati su un procedimento collaterale, relativo ai fatti di cui si è parlato in questi giorni. Ma allo stato attuale non politici”, dice il Procuratore capo.

“Allo stato attuale non politici”: una frase sibillina che fa dormire sonni poco tranquilli a tanti che ora potrebbero essere chiamati a rispondere dei tragici fatti del 4 novembre 2011.