Politica

1 minuto e 31 secondi di lettura
Aprire al Pdl, scontentando buona parte dei propri elettori ma garantendo la formazione di un governo di larghe intese, o proseguire da soli e rischiare di non arrivare mai a un esecutivo Bersani? La dirigenza Pd sposa la linea del segretario: niente aperture a Berlusconi. La pensa così anche il deputato ligure Andrea Orlando: “Bersani non può e non deve aprire al Pdl, proporrebbe la riedizione di un’esperienza sanzionata dagli elettori e che manderebbe in cortocircuito la democrazia italiana”.

Una linea che però divide il Pd, con alcuni renziani che spingerebbero per un governo di larghe intese. Dal Pdl apertura a un possibile accordo. A dirlo anche il senatore eletto in Liguria Augusto Minzolini: “Sicuramente rispetto a un governicchio che dovesse sopravvivere per due o tre voti, o altrimenti cercando di rompere una parte del Movimento 5 stelle allora è meglio il voto”.

Un’apertura respinta dalla dirigenza Pd. “Nessuna demonizzazione degli avversari”, precisa Orlando “Un accordo sarebbe stato possibile se non ci fosse stato lo strappo al governo Monti, se non avessimo assistito alla manifestazione di sabato… Insomma, troppi se”. Nessuna demonizzazione, ma nessun accordo possibile. “Una posizione ambigua”, secondo Minzolini: “O il Pd esce da questa ambiguità o l’unico strumento che la può superare sono le elezioni”.

Su un fatto sono tutti d’accordo: “La strada per Bersani è in salita”. E certo non aiutano le tensioni, vere o presunte, interne al Pd. Renzi ha chiamato Bersani per garantirli il suo appoggio, ma ha anche disertato la direzione nazionale del partito, e Andrea Orlando non risparmia una stilettata al sindaco di Firenze: “Mi avrebbe stupito se fosse venuto, in questi anni lo abbiamo visto davvero poco".