cronaca

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Reclusi in India da quattro anni con l'accusa di aver ucciso un amico, prima con lo spettro dell'impiccagione, ora con quello dell'ergastolo. Lontano dai riflettori, ancora puntati sui marò, c'è la storia di Tomaso Bruno ed Elisabetta Boncompagni, lui di Albenga, lei di Torino, che stanno aspettando in cella a Varanasi la sentenza definitiva sul loro destino.

Secondo i giudici, i due avrebbero ammazzato il compagno di viaggio Francesco Montis durante un viaggio in India nell'estate del 2010. Suppongono un movente passionale: Elisabetta era fidanzata con Francesco e Tomaso voleva stare con lei. A nulla è valso ribadire un'altra versione dei fatti. I tre stavano consumando droga in albergo a Varanasi, dove erano di passaggio, quando Francesco si è sentito male. In ospedale è deceduto. La madre stessa provò a scagionare i due ragazzi confermando che il figlio aveva problemi di salute, ma invano.

La prima ipotesi fu la pena di morte, poi l'ergastolo. Oggi, dopo la condanna in primo e secondo grado e numerosi rinvii, la Corte Suprema di Delhi pronuncerà sentenza definitiva. In caso di assoluzione, l'incubo sarà finito. Se arriverà un'altra condanna, l'Italia farà valere l'accordo sul trasferimento delle persone condannate e i due potranno scontare la pena in India.

A difendere Tomaso ed Elisabetta c'è lo stesso legale che assiste i marò Girone e Latorre. Il ministro Pinotti si è dimenticata di loro durante il suo viaggio in India, ma i genitori di Tomaso hanno potuto incontrare sia il figlio sia l'ambasciatore italiano Daniele Mancini, che segue da vicino la vicenda. "Tomaso è in gran forma, non ci resta che attendere fiduciosi di poter scrivere il finale", ha detto la madre Marina Maurizio. E sulla loro disavventura c'è già un regista, Antonio Sforzi, che sta lavorando a un film. Anche lui aspetta di scrivere l'ultimo atto.