Nello Sblocca Italia, all’articolo 29, spunta una norma che in pratica delega al ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Maurizio Lupi la stesura di un piano strategico nazionale per la portualità. Nei fatti, la cosa si traduce in un commissariamento del lavoro fin qui portato avanti dalla Commissione di Palazzo Madama – concentrato principalmente sulla riforma della legge che nel mondo dello shipping è nota come 84/94 – e soprattutto dal relatore del Partito democratico, il senatore Marco Filippi. Il quale, secondo fonti autorevoli, viene dipinto come indispettito, anche perché – al di là del giudizio che si può esprimere – Filippi ha dovuto sobbarcarsi un pesante lavoro di mediazione soprattutto nell’ambito del Pd, il vero crocevia di tutte le dispute intorno ai porti italiani, trovando un compromesso al quale ha contribuito anche Debora Serracchiani, vicesegretario del Pd e governatore del Friuli.
Ora la svolta impressa dal governo, secondo una tendenza che a Genova trova l’incondizionato appoggio del presidente dell’Autorità portuale, Luigi Merlo. In una nota ufficiale, infatti, Merlo afferma: “Mi auguro che questo porti a pensare a uno sviluppo coerente su scala nazionale dei nostri scali, capace di tener presente la programmazione europea legata alle reti ‘ten T’. Un indirizzo chiaro sulle priorità, infatti, impedirà doppioni e investimenti inutili e potrà esaltare le singole specificità dei porti italiani. Questa norma può rappresentare il punto di partenza per arrivare a una vera riforma del settore: a questo punto, per dare coerenza e attuazione, occorre parallelamente e senza più indugi agire sulla riforma delle legge 84/94”. Merlo, inoltre, aggiunge che “per questo motivo, con spirito esclusivo di piena collaborazione con il governo e sulla base dell’esperienza maturata dal porto di Genova (che proprio in queste settimane sta registrando il suo record di traffico), trasmetterò nei prossimi giorni al ministro Lupi una serie di proposte a costo zero. Un pacchetto di provvedimenti che potrebbe essere approvato in brevissimo tempo e che contribuirebbe notevolmente a sburocratizzare il nostro settore e ad agevolare l’arrivo delle grandi navi, anche quelle da 18 mila teus, nei principali porti italiani di destinazione finale”.
L’adesione all’iniziativa del governo, ma soprattutto quest’ultimo riferimento alle proposte che Merlo intende avanzare, vengono lette a Palazzo Madama, nell’ambito del Pd, come una “anomalia”, tanto più che il lavoro portato avanti da Filippi ha contemplato anche le audizioni dei presidenti delle Autorità portuali. E allora, ci si interroga a Roma, “quali sono queste cose sconvolgenti, a costo zero, che improvvisamente dovrebbero spuntare fuori”? Non piace, insomma, l’idea che Merlo si sia tenuto – a quanto sembra – qualche asso nella manica. Ammesso che tali si possano rivelare le sue proposte.
Tutto il Pd è attraversato da nuove fibrillazioni sulla questione-porti, ma in Commissione ha fatto irruzione anche il caso-Gronda di Genova. Ad accendere la miccia, in questa circostanza, è stato il senatore Maurizio Rossi (Gruppo Misto-Liguria Civica), il quale ha colto la palla al balzo quando si è trattato di discutere del programma dei lavori e dell’audizione, fra gli altri, di Autostrade per l’Italia. “Le audizioni sono quanto mai urgenti – ha detto Rossi nel suo intervento – per chiedere sia al ministro Lupi sia ad Autostrade quale baratto sia avvenuto nel corso dell'incontro che il presidente Burlando, l’assessore regionale Paita e il vicesindaco di Genova Bernini hanno avuto con lo stesso Lupi e con l’amministratore delegato della società Castellucci. L'obbligo di fare l’investimento c’è, i progetti ci sono, il debat public è stato realizzato, eppure improvvisamente il ministro scopre che l’aumento dei pedaggi per finanziare l’opera sarebbe esagerato. E come mai solo qualche mese fa non lo era. Questa è una scusa. I liguri stanno pagando con i loro pedaggi opere realizzate altrove, e rischiano di trovarsi a malpartito quando il ponte Morandi, fuori norma rispetto ai criteri europei, non reggerà più. La Gronda è stata barattata con il tunnel Fontanabuona a fini elettorali, e il Comune è stato accontentato con il tunnel sub-portuale, che non c’entra niente con i problemi che dovrebbe risolvere la Gronda”.
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Piano dei porti e Gronda di Genova scoppia la bagarre in Senato
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