Nel Pd è scontro totale. Parte dal lavoro e si allarga a tutta la linea politica del partito.
Il primo affondo, oggi, arriva dal Premier, Matteo Renzi. "Vado avanti e mantengo le promesse", dice il premier, dice prima di partire per gli Stati Uniti. E scaglia il suo attacco alla minoranza del Pd: "Nel mio partito c'è chi pensa che dopo il 40,8% alle europee si possa continuare con un 'facite ammuina' per cui non cambia niente e Renzi fa la foglia di fico: sono cascati male, ho preso questi voti per cambiare l'Italia davvero".
E la replica della minoranza non tarda. Il colpo più duro arriva dall'ex segretario, Pier Luigi Bersani: "Con la mia storia conservatore no, non posso essere accusato di esserlo. Vecchia guardia posso accettarlo ma più vecchia guardia di Berlusconi e Verdini chi c'è? Vedo che loro sono trattati con educazione e rispetto, spero che prima o poi capiti anche a me". Dice ancora Bersani: "Se vogliamo opporci alla frammentazione e alla precarietà, allora dobbiamo sfrondare e unificare con un percorso crescente di diritti per tutti, compresi i licenziamenti. In tutta Europa esiste il reintegro, quindi semplifichiamo, ma il reintegro resta".
Quanto all'ipotesi di votare contro il Jobs act, l'ex segretario risponde: "Io non ragiono così ora, ci riuniremo per trovare una convergenza. L'equilibrio tra capitale e lavoro è il clou del riformismo". Qualche ora prima, era intervenuto anche l'ex sfidante di Renzi alle primarie, Gianni Cuperlo: "Non possiamo accettare una discussione strumentalizzata per dividere il Pd tra innovatori e conservatori o minacciare decreti. Basta con le provocazioni e gli ultimatum". E ancora: "La delega sul lavoro è troppo vaga. Chi fa il segretario e premier ha il dovere di indicare il percorso".
Sul lavoro è il segretario della Uil Luigi Angeletti a tendere la mano a Matteo Renzi, in particolare dell’articolo 18. Angeletti spiega alle agenzie di stampa il suo pensiero che sinteticamente si traduce così: disponibilità al dialogo ma senza toccare le tutele acquisite. “Un conto è avvicinare due mondi, ma quello che non si può fare è modificare l’art.18 per chi già ce lo ha”. Più nel dettaglio, dice Angeletti: “Non si deve togliere nessuna protezione a coloro che già ce l’hanno. Se si tratta di dare un diverso sistema dai licenziamenti illegittimi a coloro che, o sono disoccupati, o hanno dei contratti per i quali non sono previste tutele, cioè di dare qualcosa di più a chi non ha nulla, è ovvio che noi siamo disposti a discutere sul fatto che non necessariamente dovrà continuare a essere quello che oggi è scritto sull’articolo 18, quindi la reintegra anche nei casi di licenziamento per motivi economici”.
Ma a esprimersi a favore di ciò che ha in mente il premier sull’articolo 18 è anche il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi che dice: “Fa bene Renzi a pensare di abolirlo. È un ostacolo agli investimenti. In tutto il mondo pensano che i vincoli posti dall’articolo 18 siano insormontabili. Poi possiamo anche essere d’accordo che in termini percentuali l’incidenza degli articoli 18 è diventata piuttosto limitata, perché negli ultimi anni si assume con contratti a tempo determinato e ci sono altre forme di flessibilità”.
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