
Lì per lì ho temuto un altro anatema in quento oppositore del match pro alluvionati, ma il suo sorriso è stato molto carino e confortante: "Questa partita a te proprio non piaceva?" mi ha chiesto Matteo Rossi. Confermandogli tutto per filo e per segno, il problema è che non piaceva ai tifosi di Genoa e Samp che hanno subito detto di no e il segnale "politico" andava colto. Chi sta a Roma o qui chiuso nei suoi uffici, o altrove circondato da cattivi consiglieri, non aveva sentore di quanto stava accadendo a Genova il 9 ottobre scorso e poi ancora giorni fa. Io non mi sono sorpreso a vedere l'assenza di Genova, era logica e giustificata. Il calcio ha provato a fare qualcosa e concedo a tutti la buona fede, ma come volevasi dimostrare è stata una scelta sbagliata.
E allora è giusto dire una grazie enorme agli albanesi che hanno riempito, erano in 24mila, lo stadio Ferraris. Una marea rossa e nera, i colori della bandiera del paese delle aquile, proveniente da tutta Italia e da tutta Europa. Sono i figli o i fratelli minori di quella gente che negli anni novanta arriva a Bari sulle carrette del mare. Il sogno per loro era l'Italia. Oggi hanno portato ai botteghini 250 mila euro e un'ondata di passione che io non ho mai visto in venticinque anni di professione.
Sarà il nazionalismo contro la Serbia, sarà la voglia di riscatto ma è stato qualcosa di unico e Genova ne è stata testimone. Quando tutti hanno cantato l'inno di Mameli hai capito di quanta strada questo popolo ha fatto e le poche bandiere tricolori che sventolavano le hanno portate loro. In tribuna il console di Albania nativo di Durazzo aveva le lacrime agli occhi. Almeno qualcuno puo' uscire orgoglioso da questa partita vinta solo sul campo dall'Italia con il gol di Okaka, un lampo di casa nostra.
IL COMMENTO
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