cronaca

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Francesco Schettino è tornato in aula a Grosseto per sottoporsi all'interrogatorio nel processo sul naufragio della Costa Concordia in cui è imputato. Sulla nave, ha detto, "io, come comandante, sono il primo dopo di Dio". Schettino lo ha detto al pm Alessandro Leopizzi mentre spiegava come agì nelle fasi successive all'impatto contro gli scogli del Giglio.

"Schettino, perché non dette subito l'emergenza generale?", ha chiesto il pm affrontando il tema del ritardato allarme ai passeggeri. "Volevo far arrivare la nave più possibile sotto l'isola, altrimenti se avessimo dato i 7 fischi brevi e uno lungo, con le vibrazioni che c'erano state, la gente si sarebbe buttata in acqua" quando Concordia scarrocciava in alto mare dopo l'urto.

Schettino alle contestazioni del pm ha risposto dicendo di essere sicuro "della galleggiabilità della nave" anche con tre compartimenti motori allagati e che "d'inerzia, con la prora al vento" di grecale "sarebbe tornata verso l'isola". "Ho atteso a dare l'emergenza generale" perché "sapevo esattamente i tempi di scarroccio della nave, io conoscevo bene la Concordia, volevo fare in modo che la nave si avvicinasse all'isola e poi allora dare l'emergenza generale. Il danno era ormai fatto. Andava mitigato".

Il pm Leopizzi comunque ha insistito molto sul ritardato allarme. La nave aveva i locali motore allagati, non aveva più propulsione, il generatore d'emergenza era ko e quando ha chiesto a Schettino anche degli annunci vocali rassicuranti fatti dare dal personale ai crocieristi terrorizzati, il comandante della Concordia ha detto: "L'ho fatto per tranquillizzare le persone, temevo il panico".