salute e medicina

1 minuto e 29 secondi di lettura
Un involucro antibatterico, costituito da un polimero assorbibile che rilascia agenti antimicrobici, potrebbe rappresentare la svolta nella lotta contro le infezioni da pacemaker. Lo dicono gli esperti del settore radunatisi a Bologna, in occasione di un convegno internazionale che si terrà nei prossimi giorni sui temi della fibrillazione atriale e dell'infarto.

In Italia l'incidenza delle infezioni è stimata intorno al 3% ad un anno dall'impianto dell'apparecchio, e sale al 5% dopo tre anni: sono patologie gravi, che richiedono una prolungata degenza in ospedale e possono causare pericolo di vita. Le terapie antibiotiche usate finora non hanno fornito risultati di rilievo, ma dopo anni di ricerca sembra che dagli Usa sia arrivata una soluzione efficace.

Uno dei primi medici che in Italia ha utilizzato questo nuovo involucro - disponibile nel nostro paese da novembre, importato e distribuito da un'azienda bolognese - è Alessandro Capucci, direttore della Clinica di cardiologia all'Università politecnica delle Marche: "L'involucro è un dispositivo protesico, sterile e riassorbibile, realizzabile in diverse dimensioni in modo da contenere un pacemaker o un defibrillatore" - ha spiegato - "Consta di un polimero che contiene agenti antimicrobici, che hanno vengono rilasciati in circa sette giorni, mentre l'intero involucro viene assorbito dall'organismo in nove settimane".

Una soluzione che può portare anche a risparmi per il Sistema Sanitario Nazionale. "Abbiamo dati" - ha spiegato il professor Francesco Romeo, direttore della cattedra di Cardiologia a Roma Tor Vergata - "che ci dicono che l'uso diquesti dispositivi è in saldo attivo nei confronti delle spese. Il numero di infezioni giustifica l'uso di questi dispositivi antibatterici riassorbibili, utili per ridurre una complicanza che è uno dei più gravi talloni di Achille di queste procedure così diffuse e utili per i pazienti".