Il segretario provinciale a Genova del Pd risponde all'articolo pubblicato da Mario Paternostro dal titolo "La disfatta della Liguria e lo 'sgoverno' di Genova".
Ha ragione Mario Paternostro a sottolineare che senza un capoluogo forte e trainante la nostra Regione rischia di restare nella bassa classifica delle regioni italiane per numerosi indicatori economico e sociali.
Genova ha vissuto la peggiore crisi economica degli ultimi decenni che ha messo in discussione un modello di sviluppo che si era consolidato e radicato sia nel tessuto produttivo ed imprenditoriale della città che nella sua classe dirigente. Abbiamo perso non soltanto posti di lavoro ed abitanti, ma anche conoscenze e competenze che avevano assicurato crescita e sviluppo della città e dei suoi gruppi industriali.
A Genova serve oggi una svolta soprattutto di mentalità che coinvolga tutti. Serve un pensiero forte che superi, rinnovandolo, il modello di sviluppo e di trasformazione della città che ha funzionato negli anni ’90 ma che oggi non regge più.
La politica deve sapere fare i conti con la necessità di costruire il futuro della città senza poter contare sull’ingente quantità di denaro pubblico che tra il 1990 e il 2004 ha consentito di mutare il volto di Genova, e garantire sviluppo e occupazione. È un’urgenza che interpella però non solo la politica, ma anche tutti gli attori economico, sociali e culturali che in questi anni sono stati, ed ancora oggi sono, protagonisti delle scelte che hanno guidato il governo del territorio.
Serve una svolta anche di prospettiva. Dobbiamo saper guardare meno a Roma e più a Bruxelles ma anche a Tangeri, alla sponda nord del Mediterraneo per far sì che Genova torni ad essere un centro nevralgico di interconnessione tra i traffici del bacino Mediterraneo ed i porti del Nord Europa. Serve saper guardare con largo respiro al nostro futuro, non accontentandoci più di gestire le emergenze dell’oggi pensando di capitalizzare un immediato facile consenso.
Decidere con meno risorse è la nuova sfida; vuol dire anche e soprattutto non sprecare opportunità e finanziamenti, ma anche saper intervenire con tempi certi e puntuali. E non perdere tempo in eterne mediazioni.
Comune, Regione, Autorità Portuale, Università, Camera di Commercio, Confindustria…. devono trovare nuove modalità di dialogo e confronto al fine di trovare una sintesi che, pur rispettando i progetti ed il ruolo delle singole istituzioni, metta il futuro della nostra città al primo posto tra le priorità da realizzare con una fattiva collaborazione al riparo da veti incrociati
Questa è la sfida che il partito democratico di Genova è pronto a raccogliere già a partire dalle prossime elezioni regionali: immaginare una città che sa riappropriarsi dei suoi vuoti fisici e ideali per costruire un nuovo modello di sviluppo. Uno sviluppo che non è affare di pochi, ma di tutti e che necessita quindi della responsabilità di ciascuno di noi.
politica
IL DIBATTITO - Alla Liguria serve Genova per uscire dalla crisi
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