
UCINA - "Il gesto, che vorrebbe essere clamoroso - risponde Ucina - sorprende nelle motivazioni. In un momento in cui le aziende di tutto il mondo fanno gruppo e sistema non si capisce come, a pochi giorni da un momento dove si poteva ricostruire l'unità associativa, per ragioni incomprensibili o protagonismi personali sia stata presa la decisione di danneggiare in modo aprioristico e consapevole un'Associazione consolidata e rappresentativa degli interessi generali e non individuali del mondo della nautica".
Secondo Ucina, la scelta "è stata azionata nel momento in cui le imprese recedute si sono rese conto che il loro candidato non avrebbe raccolto i consensi necessari". Ucina ricorda che il Consiglio Direttivo dell'associazione aveva raccolto tramite i Saggi le manifestazioni di voto dei Soci che si erano espressi per il 70% a favore di Carla Demaria (Montecarlo Yachts) e per il 15% a favore di Lamberto Tacoli, del gruppo Crn (15%). Ciò nonostante aveva deciso di presentare le due candidature all'assemblea.
Per Ucina infine "non è rilevante l'osservazione secondo cui il candidato Carla Demaria sia manager di un importante gruppo straniero, essendo già presente in Consiglio come Presidente e socia di un Cantiere di diritto italiano che produce in Italia imbarcazioni di disegno italiano, con una struttura di oltre 300 dipendenti e un fatturato che la colloca entro i cinque maggiori produttori nazionali.
GALASSI (FERRETTI) - "Siamo usciti da Ucina per non dividerci. Il malcontento è evidente. Se fossimo rimasti, all'assemblea di venerdì ci sarebbe stata una spaccatura" così Alberto Galassi, a.d. del gruppo Ferretti commenta la decisione di uscire da Ucina Confindustria Nautica. "Il vero problema - afferma Galassi - non è quello della presidenza, che non è credibile, è che Ucina non fa nulla a favore del settore e ignora l'esigenza di cambiamento. Non ci si può limitare all'organizzazione del Salone Nautico. Le tante adesioni alla decisione di uscire lo dimostrano. E altri seguiranno. Chi rimarrà? Sono curioso di vedere chi voterà il 27".
"Uscendo da Ucina - prosegue Galassi - non perdiamo nulla. Siamo tutti iscritti a Confindustria". "Noi siamo portatori di una volontà di cambiamento e siamo stati accusati di averne parlato alla stampa senza affrontare la questione all'interno dell'associazione. Cos'ha fatto Ucina per rimediare ai danni al settore recati dalla politica del Governo Monti? Noi chiediamo un cambiamento di taglio, di obiettivi, chiediamo visibilità. Ce ne andiamo perchè se rimanevamo ci dividevamo in due".
VITELLI (AZIMUT) - "Da mesi se non da anni ormai in Ucina c'è una litigiosità insopportabile. Si discute di personalismi anzichè dei veri gravi problemi. Questo ci ha portato alla decisione di uscire. Una decisione molto sofferta che ha lo scopo non di distruggere ma trovare argomenti per cementare un futuro migliore. Partire da una situazione in cui non ci troviamo più per ripartire su basi diverse": lo dichiara Giovanna Vitelli, membro del consiglio di amministrazione del gruppo Azimut. "Ridurre il tutto ad una questione di candidatura alla presidenza - prosegue - è limitativo. Non si può giudicare chi avrebbe vinto in mancanza di un dibattito sui programmi prima dell'assemblea, dibattito che non è stato possibile perchè si è deciso di rimandare tutto al giorno dell'assemblea".
"La verità - afferma Vitelli - è che c'è disaccordo sul modus operandi". Nelle scorse settimane Vitelli, Gavio (Baglietto) e Alberto Galassi (Ferretti) avevano condiviso una linea d'azione tesa a riformare Ucina. Lo avevano fatto con un comunicato alla stampa e questo aveva creato dissapori all'interno dell'associazione. "Il nostro tentativo di rappresentare idee programmatiche per una proposta di rinnovamento e per rifondare su basi organizzative diverse, anziché essere discusso andando alla sostanza, è stato ostracizzato all'interno di Ucina per una questione di forma".
"La divisione all'interno di Ucina - spiega - non è fra grandi aziende e piccole aziende, tant'è vero che quelle oggi dimissionarie sono le più disparate. Il malcontento dilagava e ci ha colpito il numero di persone che ci ha chiesto di associarsi alla nostra linea".
TACOLI (FERRETTI) - "Abbiamo scelto di uscire per evitare lo scontro": Lamberto Tacoli (Crn, gruppo Ferretti) candidato alla presidenza di Ucina commenta così le dimissioni di un gruppo di aziende, compresa la sua, dall'associazione. "Non si voleva arrivare a un'assemblea per litigare con un vincitore e un vinto che poi non avrebbero lavorato insieme. Si doveva andare con un presidente condiviso".
E' "opportunistica, banale e semplicistica" secondo Tacoli l'affermazione contenuta nella nota di Ucina secondo cui l'uscita sarebbe motivata "dal rischio di perdere". "E' imbarazzante - afferma - che uno dei più grossi fiori all'occhiello d'Italia che primeggia in tutto stia vivendo un periodo cosi lungo e complesso a livello associativo. E' una responsabilità che dobbiamo prenderci tutti. Dopo le dimissioni di Massimo Perotti sarebbe stato dovere di tutti".
Tacoli spiega che avrebbe potuto candidarsi subito ma non l'aveva fatto perché sperava in un percorso condiviso. "Ho dovuto farlo quando si è candidata Carla De Maria". La candidatura di De Maria sarebbe stata una conseguenza del comunicato nel quale Vitelli, Baglietto e Ferretti avevano condiviso una linea d'azione tesa a riformare Ucina. "Anziché essere considerato come uno spunto positivo è stato visto come un affronto e si è creata una fronda intorno al timore di essere 'fagocitati' dai grandi. Posso accettare una critica sulla forma - aggiunge Tacoli - ma dedicare 40 giorni alla forma e non al contenuto vuol dire strumentalizzare. C'era una grande opportunità di ricostruire. La candidatura di Carla è stato un gesto di rottura".
LA LETTERA - "Da tempo ormai non ci sentiamo più rappresentati da Ucina, pur essendo le nostre aziende realtà di rilievo in termini di valore non solo economico ma per storia, dimensione, importanza e prestigio internazionale della nautica italiana". Inizia così la lettera con la quale dieci aziende comunicano la decisione di uscire da Ucina.
"Non ci sentiamo rappresentati - prosegue la lettera -, non è più possibile trovare un terreno aperto al dibattito, elemento indispensabile per prendere in considerazione un cambiamento di orizzonte e di operatività che, prevalendo su posizioni individuali, dovrebbe mirare all'interesse collettivo". Riferendosi al caso del comunicato in cui Ferretti, Azimut e Gavio avevano avanzato proposte per un'evoluzione dell' associazione, i firmatari sottolineano che quelle proposte "sono state messe in discussione per la forma invece di essere valutate nella sostanza e affrontate in un dibattito privo di pregiudizi. Esprimiamo interessi molteplici - affermano - ma non è dividendoci in opposte fazioni che daremo risposta a tali varietà di esigenze. L'obiettivo di un'associazione di categoria deve essere e rimanere il perseguimento del mutuo interesse. Non saremo noi a rappresentare una di queste fazioni. Riteniamo inoltre - prosegue la nota - che il fine dell'Associazione non possa e non debba essere incentrato prevalentemente sull'organizzazione del Salone nautico di Genova".
Riferendosi poi alla candidatura di Carla de Maria (Montecarlo Yacht, azienda italiana del gruppo francese Beneteau) i firmatari definiscono "incongruente - il fatto che Ucina, e quindi il made in Italy, possa essere rappresentata da un manager, per quanto preparato e rispettabilissimo, che è espressione di un importante gruppo straniero che ha solo minimi interessi in Italia e i cui stabilimenti produttivi, livelli di impiego e creazione di indotto sono concentrati in un Paese concorrente del Sistema Italia".
IL COMMENTO
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