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Il commento
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Il mancato rialzo dei tassi americani è una buona notizia per le aziende liguri che hanno debiti in dollari, perché questo significa che la loro spesa per interessi non aumenterà. Di questi tempi, una bella boccata d'ossigeno. Ma nonostante ciò, poiché ovviamente il beneficio è planetario, la decisione della Federal Reserve è soprattutto un bicchiere mezzo vuoto.

Proprio lo stato in cui versano le imprese non americane, infatti, è una delle ragioni che hanno bloccato la mano della governatrice Janet Yellen: dieci anni fa lo stock del debito in valuta Usa accumulato da queste aziende ammontava a mille miliardi, oggi è quasi di diecimila e un rincaro del costo del denaro per molte di esse avrebbe significato la fine.

L'economia reale globale, insomma, avrebbe mal sopportato una stretta monetaria che, invece, alcuni indicatori interni avrebbero suggerito. Cominciando dal tasso di disoccupazione, che negli Stati Uniti è al 5 per cento, e dal Pil, che comunque veleggia oltre il 2 per cento.

In passato la Fed avrebbe deciso senza guardare in faccia niente e nessuno, oggi non può farlo perché altrimenti rischia di mettere a repentaglio lo stesso sistema a stelle e strisce. Il rialzo dei tassi, infatti, in questo momento avrebbe effetti negativi sulla Cina e i cinesi hanno in pancia una parte consistente del debito americano...

È probabile che entro fine anno la Yellen comunque un ritocco ai saggi dello 0,25 per cento lo faccia, ma intanto il suo immobilismo certifica uno stato di incertezza totale dell'economia mondiale, dal quale non si capisce proprio quando si uscirà.

Non bisogna dimenticare, infatti, che ormai è dal 2006 che la banca centrale Usa non aumenta i tassi. C'era ancora Bernanke, che da quel momento in poi ha cominciato una sequenza di tagli, fattasi più insistente dopo l'esplodere, l'anno successivo, della crisi dei mutui subprime.

Oggi il costo del denaro è inchiodato sullo zero o, al massimo, arriva allo 0,25 per cento. Una inezia, ma una condizione assolutamente anormale, che potrà essere superata solo se la crescita mondiale si rafforzerà. Un'ipotesi legata a molteplici fattori, che ancora non si concretizzano è che difatti da settimane spinge il presidente della Bce Mario Draghi a ripetere il suo allarme sulla debolezza della ripresa, partendo da quella europea.

Ad essa quest'anno l'Italia parteciperà con uno 0,7 per cento, o qualche spicciolo in più, ben che vada, e siccome anche una locomotiva come la Germania comincia a sbuffare, dando segni di cedimento, lo scenario è tutt'altro che incoraggiante. Per ora teniamoci una spesa per interessi che rimane ferma, ma questo non fa rima con sviluppo. Al massimo, consente di rimanere a galla.