
"La normativa per le imprese private - spiega Cerqueti - è la legge 300 del 1970, il famoso Statuto dei Lavoratori, con tutta la sua regolamentazione. Tutto ciò non è applicabile all'ente locale, che si rifà alla legge sull'ordinamento degli enti pubblici e ai regolamenti interni. A questi e ai contatti collettivi bisogna risalire per stabilire i diversi gradi di sanzione", chiarisce il consulente del lavoro.
"In questi casi la normativa prevede il licenziamento - sottolinea - , preceduto dalla messa in moto di una procedura. Il regolamento prevede che si debba contestare il comportamento al dipendente, il quale ha un periodo di tempo per essere sentito in contraddittorio. La procedura ha un suo percorso e non viene interrotta durante il processo, che in questi casi ha rilevanza penale".
Ma per i 'furbetti del cartellino' non si presenta soltanto il rischio del licenziamento. "La norma - aggiunge Cerqueti - prevede che ci sia un risarcimento del danno commisurato sulla base delle retribuzioni da quando è stato commesso il fatto. Oltre al risarcimento patrimoniale, c'è un risarcimento per i danni di immagine subiti dal Comune. Molto dipende dal ruolo svolto dal dipendente pubblico, se impiegato o dirigente", conclude il consulente del lavoro, con una sottolineatura obbligatoria: "Bisogna ovviamnte entrare nei casi specifici e bisogna separare i fatti separatamente".
IL COMMENTO
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