cronaca

A Borghetto, Vernazza, Monterosso e Aulla il ricordo del tragico evento
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"Ogni volta che la sera chiudo gli occhi mi viene in mente un immagine: l'onda che si ritira ed io che mi ritrovo in mezzo solo, con il fango al petto, nel mezzo del paese a cercare casa per casa chi era ancora vivo e chi non c'era più".

Fabio Vincenzi, sindaco di Borghetto Vara, spiega così, a quattro anni di distanza, cosa vuol dire lasciarsi alle spalle un alluvione mortale, come quella che il 25 ottobre del 2011 ha colpito la Val di Vara, le Cinque Terre e la Lunigiana.

"Quel giorno la furia del tempo è stata tremenda - aggiunge il sindaco - ha dimostrato l'impotenza dell'uomo rispetto a eventi come quello".

"Sono stato l'ultima persona a vedere Sandro Usai vivo - ricorda invece Enzo Vai di Monterosso - iniziò a piovere forte al mattino alle 11, ci accorgemmo solo più tardi che sotto la strada il fango aveva ostruito il canale. Andai in casa da mia madre che si sentì male. Dalla finestra vidi una sagoma con la tuta dei volontari in mezzo al fango, speravo fosse solo l'indumento. Ma avevo capito che c'era una persona. Sembrava uno tsunami".

Sono solo alcuni dei ricordi che centinaia di persone portano con sé e non dimenticheranno mai. La Val di Vara, e soprattutto i comuni di Borghetto, Brugnato, Pignone, e poi Vernazza e Monterosso alle 5 Terre, Aulla in Lunigiana. Vittime e devastazione, danni di proporzioni gigantesche nelle case e nei negozi, veicoli distrutti, la sensazione di non poter più sentirsi al sicuro, neppure all'interno delle proprie abitazioni.

Sono passati quattro anni, tutti i comuni colpiti sono riusciti a rimettersi in moto, alcuni con più immediatezza grazie alla notorietà dei paesi delle 5 Terre, altri con più fatica, tutti con l'orgoglio di chi vuole farcela ad ogni costo, spesso con l'aiuto, magari insperato, di tanti volontari che osservando il dramma così forte, hanno capito che non c'era tempo per mettere in dubbio la necessità di dare una mano a chi aveva perso tutto.

Le ferite, però, quelle restano. E restano ancora fiumi e versanti che fanno ancora paura; restano ancora strade e ponti da ricostruire, frane ancora in movimento. E i comuni, spesso soli e con poche risorse, non hanno ancora smesso di chiedere aiuto.








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