
Qual è l'aria che si respira per chi deve lasciare la città per andare a Milano quotidianamente?
Da una parte si tratta di un'aria di soddisfazione perché si va in una città di business e di lavoro come Milano portando esperienze liguri vincenti, come nel caso della nautica, dall'altra c'è del rimpianto perché le opportunità della Liguria sono forti.
Per quanto riguarda la linea di trasporto, dovrebbe essere più veloce?
Sicuramente c'è la consapevolezza, comune in tutto il nostro Paese, che abbiamo necessità di fare sistema; in questo senso la nautica in primis deve dimostrarlo. Ma ciò che conta è che Liguria e Lombardia insieme potrebbero fare davvero grandi cose.
Qual è l'immagine della nautica italiana?
Molti dicono che le associazioni nascono da momenti di insoddisfazioni e crisi. In generale questi ultimi anni hanno caratterizzato una forte crisi del settore e noi l'abbiamo sentita molto e continuiamo a sentirla. La crisi in Italia è arrivata un po' dopo e possiamo dire che ne stiamo uscendo con un po' di ritardo. Però la nautica è un settore globale e alcuni risultati positivi raggiunti fanno ben sperare. In particolare la nostra azienda, Nautica italiana, è concentrata all'export e quindi la percezione di positività viene raccolta prima. Oggi c'è da lavorare molto per far ripartire questo mercato perché nei momenti buoni la domanda italiana è stata positiva e soprattutto perché il mercato interno è una radice senza la quale un'industria non sta in piedi.
Quante sono le aziende che hanno aderito a Nautica Italiana e quante le aziende italiane che rischiano la chiusura?
I brand associati alla nostra associazione Nautica Italiana oggi sono 54. Oggi il complesso del fatturato di queste aziende è circa il 65%, ma se guardiamo la cantieristica le aziende di Nautica Italiana fattura circa l'80% del comparto. Questo significa che il resto delle aziende, e sono molte, sono piccole, e hanno bisogno di unirsi e in larga parte sono poco abituate a lavorare con i mercati internazionali, e per questo rischiano di soffrire. Va anche detto, tuttavia, che oggi la nautica deve anche essere vista a 360 gradi: non parliamo più di industria in termini di produzione ma anche di servizi e di territorio. Il motto oggi è diventato la 'yatch industry' all'inglese, che non significa industria produttiva in senso stretto, ma comprende anche l'indotto, cioè quella componente di azienda che fa la differenza. Tramite questa possiamo offrire servizi di eccellenza a clientela principalmente straniera che porta molto indotto economico.
Nella nautica c'è ancora una divisione tra chi concepisce il settore in maniera tradizionale e chi invece ha un processo di innovazione?
Le startup sono un metodo fondamentale per dare lavoro ai giovani, ma io amplierei il discorso: tutte le grandi aziende leader si portano dietro un insieme di aziende, spesso familiari, che molte volte oggi fruiscono dello spirito giovanile su attività come quella della domotica e la gestione attraverso sistemi meglio interpretati dalle nuove generazioni. La nautica vive di queste componenti, ma ancora oggi c'è l'obiettivo di far sistema, far gruppo. L'azienda piccola fa fatica a decollare se non si mette in rete. Ma abbiamo grandi esempi come la Germania che da tempo hanno fatto sistema e che sono vincenti.
Qual è il punto di forza della nautica italiana e qual è il punto debole?
I punti che possiamo considerare di forza sono anche punti di debolezza: il punto di forza è sicuramente l'eccellenza. Il 'made in Italy' è qualcosa che ci differenzia a livello mondiale, dove abbiamo grandi aziende leader, come quella dell'accessoristica. Il problema è che non riusciamo a promuoverlo nel modo giusto. Questo è anche uno dei motivi per cui Nautica Italiana ha deciso di affiliarsi ad Alta Gamma perché tramite l'eccellenza ha trovato un modo per far sistema, e noi vorremmo che la nautica facesse lo stesso. Bisogna anche considerare che la maggior parte dei nostri clienti sono stranieri che poi vengono a navigare sulle nostre coste.
C'è ancora qualcosa che il legislatore italiano non riesce a capire di questo sistema?
La cosa che non riesce a capire è il fatto che deve essere parte integrante con il sistema: non può più essere una controparte. Nei sistemi che funzionano, Olanda, Inghilterra e Germania, l'autorità è parte del sistema stesso. Lo stato deve investire insieme al settore della nautica e la politica deve capirlo.
Qual è il futuro dei saloni nautici a Genova e in Italia?
Ci sono due modi di vedere la questione: c'è chi è più pessimista e prevede la fine per questi eventi. Ma bisogna anche sottolineare il fatto che l'Italia ha la prima grande industria di yacht, di accessoristica, ha delle coste e un'offerta turistica di eccellenza che suggeriscono la possibilità di rimettere insieme gli eventi per rendere competitiva l'offerta. Non è necessario andare all'estero a tutti i costi. Dobbiamo essere competitivi e riaprire la partita: non dimenticare il passato ma tenendo conto principalmente del presente.
La mission di Nautica Italiana?
La nostra mission sarà riuscita se riusciremo a mettere attorno a un tavolo tutte le associazioni che lavorano nella nautica per lavorare su progetti comuni: una logica di eventi che vadano beni a tutti e la lobby legislativa attuata su obiettivi comuni. Sistema-Paese davanti a tutti con una politica e uno stato parte integrante.
IL COMMENTO
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