
Da quarant'anni, ormai, in casa Sampdoria non si festeggia una salvezza in serie A. In quella primavera del 1976, la certezza matematica della permanenza tra i grandi dei ragazzi di mister Bersellini e capitan Lippi era arrivata solo con il 2-1 sul Napoli a Marassi, all'ultima delle 30 giornate. Quindi, prima e dopo i fasti di Mantovani, per tre volte e immancabilmente secondo la legge del numero doppio ('77, '99, '11), ogni volta che la squadra si era trovata in lotta, inesorabilmente è retrocessa.
Stavolta l'allarme è stato dato in largo anticipo sui tempi dell'ultima incresciosa caduta, ma l'unico elemento di similitudine che possa darsi rispetto a cinque anni fa è sempre l'atteggiamento responsabile del pubblico, mai incorso – salvo rare, quanto comprensibili, eccezioni – in fenomeni di contestazione. D'altra parte, in un momento come questo, aggiungere caos al caos potrebbe compromettere in modo fatale equilibri già precari, a fronte di una squadra troppo giovane, troppo in prestito, troppo infortunata, troppo sfortunata, incapace di esprimersi sia con Zenga che con Montella.
Non tutti possono dirsi privi di colpe, talune gravi ai limiti del dolo, nella parabola che ha portato la Sampdoria in basso, come mai accaduto nel tempo dei tre punti a vittoria. Di certo i tifosi hanno sempre fatto il loro dovere. E continueranno a farlo. Gli altri, tutti, prendano esempio.
*Controcalcio in onda su Primocanale (ch.10 in Liguria) ogni martedi alle 21
IL COMMENTO
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