cronaca

L'omelia di padre Cavallini, la chiesa gremita
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Porca miseria, perchè Francesca era su quel pulman? Urla quasi, padre Francesco Cavallini, con la rabbia sepolta dal dolore di quella chiesa piena di ragazzi, di gente amica, di gente che non sapeva neppure fino a ieri che Francesca esistesse, mentre ora è lì, dentro quella bara ai piedi dell'altare e intorno si consuma un abbraccio enorme, che esce pure dalla grande chiesa e riempie la piazza e ferma un pezzo della città intorno.

Porca miseria, incomincia il padre gesuita dal suo pulpito, attaccando la sua omelia, davanti alla quale quasi si trattiene il fiato: come potrà consolare, come potrà lenire, come potrà spiegare, questo prete, che era amico di Francesca e che ora sta lì davanti, con il suo microfono, a questa folla incredibile di ragazzi?

Entrano a fiumi, si salutano, si baciano in silenzio, composti, ma decisi, una, dieci, centro Francesche e i loro fratelli e le loro sorelle e tante mamme e tanzi zii, risucchiati qui dalla luce degli occhi della ragazza che correva, correva verso la vita. E ha trovato una morte impossibile da capire.

Sto in fondo a questa chiesa, appoggiato a una colonna, sento quella voce che ha incominciato con il tono alto a parlare, dopo il vangelo sull'Apocalisse, dopo le altre letture, dopo i canti, ma non vedo il padre, ho come questo muro di ragazzi, di ragazze, di padri e di madri che sono lì a condividere un dolore che la luce dalle grandi vetrate sembra voler combattere dall'alto. Come la luce degli occhi di Francesca, che con le foto sui giornali e nelle televisioni tutti hanno visto e hanno riconosciuto.

“Perchè è salita su quel pulmann, perchè non è partita la mattina dopo? - si chiede ancora Cavallini – perchè lei così innocente, così viva, perchè una come lei e non uno di quei malvagi che continuano a vivere, perchè non uno di quelli che butta la sua vita, che il venerdì sera vanno a disfare la propria vita, perchè Gesù ha fatto questo, ha voluto questo?”

E' come una provocazione quella del predicatore che sa come rispondere, che sa come spiegare “chi “era Francesca, e perchè è successo quel fatto, quella tragedia che ora bisogna interpretare con le parole del Signore, di Dio che da la luce a Francesca e poi di colpo la spegne.

“L'ho conosciuta mentre spalava il fango nell'alluvione del 2011, ho conosciuto il suo sorriso, ho scoperto come correva incontro alla vita, come “indagava” sulla vita, sui suoi perchè, ho capito quella sua inquietudine di capire, di andare oltre, di correre.....”. Ecco, sono schiacciato su quella colonna, guardo i volti dei ragazzi che ascoltano della vita di Francesca e mi sembra che quelle parole siano come un lenimento.

“Ha vissuto in pieno la sua vita, ha vissuto come molti, non riescono a fare in una intera esistenza“, spiega Cavallini ed è come se dicesse che quella vita piena, ma di soli venti anni, corsa nella luce, fosse stata sufficiente, come una grazia già piena .” Possibile che questo possa spiegare, bastare, consolare _ mi chiedo in quell'angolo di chiesa, mentre il fiume di chi entra nelle navate non si ferma, continua a scorrere e spinge in avanti verso l'altare.

Come è possibile che basti, mi chiedo ancora, davanti a quel baratro di dolore, di sofferenza, di pianto, di lacrime che circonda la bara, che spunteranno nelle parole ferme, dolci, tenere e sofferenti di chi, dopo, salirà sull'altare a pronunciare le “intenzioni”. Come consolarsi veramente per la morte di una innocente, gioiosa, piena di luce, spazzata via per un caso, per un accidenti?

Cavallini ora parla di quel dolore della mamma del papà, della sorella, dei parenti dei vicini e anche qua il suo tono è alto, forte. “Usate la sua stanza di casa, non fatene un santuario, non cadete solo nella tristezza e nella nostalgia, non cadete solo nella consolazione, vivete come vive Francesca, nella luce, nella spinta in avanti, trasformate quella consolazione in atti di speranza, lei è con voi, fate come avrebbe fatto lei.....”

Guardo dal mio piccolo angolo della chiesa la scossa che quelle parole trasmettono, per quanto sia difficile, ma ora la chiesa è piena di luce e sull'altare salgono uno a uno quelli che la vogliono ricordare e molte di quelle parole sembrano come pronunciate con quelle spirito, che era di Francesca e che Cavallini conosceva così bene da avere trovato i toni giusti. Malgrado l'abisso del dolore che non si riesce a trattenere.