
Dall'11 settembre gli standard di sicurezza si sono alzati e prendere il comando di un aereo con centinaia di persone a bordo non è un impresa semplice. Anzitutto la cabina di pilotaggio è praticamente isolata dal resto del velivolo: “Il pilota è protetto da una porta blindata, impossibile da aprire se non con un codice d'emergenza. Dall'esterno si può suonare un campanello: l'assistente di volo può fornire un motivo valido e farsi aprire. Naturalmente il pilota vede da una telecamera se c'è qualcun altro”, spiega Garbagna
Ma cosa succede se un potenziale dirottatore riesce a costringere una hostess ad aprire o a farsi aprire la cabina? “Se viene digitato il codice d'emergenza, la porta resta chiusa per trenta secondi, poi si apre per cinque secondi. In quei trenta secondi, però il pilota può accorgersi del pericolo e bloccare la porta per trenta minuti. E trenta minuti sono un tempo sufficiente per atterrare in un aeroporto e portare tutti in salvo”.
Le cose a bordo del volo Egyptair sono andate un po' diversamente: Seif Eldin Mustafa diceva di avere una cintura esplosiva, minacciava di farsi saltare. A quel punto non resta che cedere al ricatto: è il pilota stesso a cambiare rotta. Una dinamica evitabile? Garbagna precisa: “Ovviamente nessun sistema di sicurezza può rilevare una cintura di plastica. Una volta a bordo si può far credere di avere una bomba, o di essere carichi di esplosivo, e seminare il terrore. In questo caso era tutto finto, ma non si poteva sapere con certezza. È stata opera di uno squilibrato”.
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