cronaca

Mathas "senza movente, prove nette per l'innocenza"
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Quello di Rasero è un racconto "intriso di menzogne", tutto per giustificarsi e sottrarsi dall'accusa di aver ucciso il piccolo Alessandro Mathas, morto con il cranio fracassato tra il 15 e il 16 marzo 2010 in un appartamento di Genova Nervi. Sono uscite le motivazioni della sentenza d'appello che ha condannato l'uomo, unico imputato per l'omicidio, a 26 anni di carcere. 

Bugie, secondo i giudici, volte a "giustificare" la sua estraneità e connotate da "evidenti e numerose assurdità comportamentali" che avrebbero dovuto avvalorare la sua innocenza e che al contrario hanno portato ad un riconoscimento di colpevolezza.

Secondo l'accusa, il broker avrebbe seviziato e ucciso il figlio della sua compagna occasionale dopo una notte a base di cocaina passata dall'uomo con la madre del piccolo. La donna, Katerina Mathas, era già stata assolta dall'accusa di omicidio con sentenza passata in giudicato e condannata solo per abbandono di minore a 4 anni.

Per la Mathas, invece, ci sono "prove nette in favore dell'innocenza". La donna è stata definita "ingenua" nelle sue poche reticenze o "bugie" di minor rilievo su "circostanze che, se conosciute fin da subito avrebbero potuto far scemare i sospetti sulla sua compartecipazione all'omicidio".

L'atroce delitto resta senza un "concreto movente" che lo abbia scatenato, scrive la Corte, ma è "difficile" rintracciarlo nel corso di una notte in cui è stata "consumata molta cocaina", che resta nei fatti la 'convitata di pietra' del tragico delitto.

I giudici, ipotizzando però un possibile movente , parlano del "fastidio causato dall'improvviso piangere del bimbo" quella notte "svegliatosi durante l'assenza della madre", della "frustrazione dell'imputato per non riuscire a calmarlo" e della "ulteriore frustrazione nell'attesa del rientro della donna, che avrebbe dovuto portare della cocaina".

Non avrebbe avuto, invece, un movente la madre di Alessandro perché, "seppur nel suo agire sciatto, si era sempre occupata del bambino e gli era sinceramente affezionata". La Corte, come si legge nelle motivazioni da poco depositate, ha anche riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni morali a favore dei nonni materni del bimbo (parti civili), perché non si può imputare loro, spiegano i giudici, una sorta di "violazione di un obbligo di tutela nei confronti della madre di Alessandro, dedita ad una vita poco confacente alle esigenze del piccolo".