L'ora di San Giorgio sta per suonare veramente? La Grande Riforma, tanto attesa e tanto discussa, con il suo carico di novità diventa legge e porta con sé, forse, un nuovo presidente che magari entrerà nel portone “sacro” della portualità genovese di palazzo san Giorgio fra pochi giorni, sotto le vesti di commissario, per poi trasformarsi a settembre nel vero e autentico leader della nuova Autorità di Sistema.
Potrebbe succedere, mentre i primi passi di questa legge si consumano uno dopo l'altro, ma inesorabilmente: il 12 luglio appena trascorso il disegno che cambierà faccia (e si spera sostanza) alla disciplina della nostra industria numero uno, quella dei porti, è passato al vaglio delle Commissioni parlamentari, dopo accese discussioni e sostanziali modifiche, introdotte dai parlamentari di buona volontà; il 22 luglio, tra pochi giorni, il Governo, riunito nel Consiglio dei Ministri, metterà il suo timbro e scatterà il conto alla rovescia per la pubblicazione del decreto legislativo sulla Gazzetta Ufficiale.
Dieci, dodici, quindici giorni di tempo e con quella pubblicazione il vecchio sistema sarà definitivamente smontato: i presidenti e i commissari in carica in quel momento, compreso il nostro ammiraglio Pettorino, decadranno automaticamente, mentre finirà in un colpo solo la storia infinita dei Comitati portuali, la cui funzione si esaurisce definitivamente. Spariranno dalla carta geografica dei porti questi organismi che nel bene e nel male hanno scritto la storia marittimo portuale, un po' sinedrii di sottili mediazioni e compromessi “pelosi”, un po' cinghia di trasmissione di poteri, lobby, un po' guarda spalle di presidenze e segreterie generali, più o meno potenti, sicuramente rappresentanze di categorie influenti e determinanti nei disegni della storia neppure solo recente.
A Genova, come nel resto d'Italia, bisogna andare indietro fino al 1903 della Fondazione del Cap, ma è nei decenni più recenti che questa storia “brucia ”veramente le trasformazioni delle nostre banchine, dei moli su cui sta scritta quasi l'epopea del nostro sviluppo, dei nostri declini, delle nostre difficoltà a restare una “capitale” del mare.
Incomincia, se Dio vuole, un nuovo sistema nel quale questa legge, così sofferta e attesa, dovrà dimostrare che la nostra portualità primogenita, la più importante delle dodici unità, nelle quali è diviso il nuovo universo delle banchine italiane, ha una pista legale per esprimere il massimo della sua potenzialità marittimo-industriale.
È una legge buona, dopo tanta attesa, tante anche laceranti discussioni, tanti importanti contributi alla sua fattura finale? Lo dimostreranno i fatti.
Intanto c'è un passaggio delicato, che può essere sfruttato per giocare d'anticipo e usare il tempo, che già ne è stato perso troppo tra decadenze, commissariameenti e proroghe, senza nulla eccepire al ruolo di perfetto garante, svolto finora dall'ammiraglio Pettorino.
Al momento della sua automatica decadenza il Governo, attraverso il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Delrio, potrebbe nominare già il nuovo presidente, facendolo passare attraverso il ruolo provvisorio (due-tre mesi, da agosto a settembre-ottobre) di commissario scelto per coprire l'emergenza della applicazione istantanea della nuova legislazione, appena varata.
Ciò presuppone, ovviamente, che ci sia già quella sintonia tra Ministero e Regione Liguria, ricercata da mesi, sulla figura del nuovo presidente che Genova, la Liguria e più in generale la portualità italiana attendono oramai da tempo quasi immemorabile, praticamente da quando è uscita dalla scena genovese l'ultimo presidente dell'Autorità, Luigi Merlo, oggi consulente di Delrio a Roma.
Un anticipo di qualche mese nell'insediamento di colui che diventerà il presidente della nuova Autorità di Sistema sarebbe, comunque, un vantaggio nella messa a punto sopratutto dei nuovi meccanismi che governeranno questo sistema e incominceranno ad applicare la nuova legge sul corpo vivo delle nostre banchine, dove non c'è da perdere neppure un minuto di tempo.
La preparazione del decreto legislativo sulle Autorità portuali ha avuto passaggi decisivi e molto importanti nella discussione presso le Commissioni parlamentari, luogo focale e finale del dibattito, dove i deputati e i senatori hanno svolto un ruolo chiave, quello che tocca ai rappresentaanti eletti in nome e per conto del proprio territorio.
Il capitolo numero uno della battaglia (se così si può chiamare, senza troppa enfasi) sugli articoli della nuova legge riguarda anche le concessioni cioè quei provvedimenti amministrativi in base ai quali le Autorità di Sistema affidano i terminal ai soggetti privati, che ne fanno domanda per poter investire i loro capitali, lavorare sulle aree portuali e sulle banchine. È questo il “sale” dei porti, il passaggio che affida i suoi pezzi pregiati a chi è in grado di scommetterci e di lavorarci per far meglio fruttare i traffici a proprio vantaggio, ma ovviamente anche a vantaggio della portualità in generale, dei lavoratori che vi operano, delle infrastrutture che vi afferiscono, della città e del sistema Paese.
Suffragata anche dai pareri autorevoli del Consiglio di Stato questa battaglia è stata vinta anche grazie all'impegno speciale di parlamentari come il senatore Maurizio Rossi: una sfida importante: quella che introduce principi in base ai quali la procedura delle “nuove “concessioni passa attraverso regolari gare di assegnazione con criteri europei e non venga vagliata con il vecchio sistema. Il “vecchio” previlegiava “i soliti noti” e difendeva le rendite di posizioni.
Incrostazioni che hanno pietrificato sulle banchine situazioni di privilegio durate decenni e destinate a procrastinarsi nel tempo, in misure perfino imbarazzanti per la lunghezza: fino ed oltre sessanta anni. Il Consiglio di Stato, dopo le battaglie di Rossi e di altri parlamentari, che lo hanno appoggiato, il relatore stesso in Senato, Filippi, ma anche Esposito, il presidente Matteoli e gli altri commissari, ha chiarito “che le Autorità portuali hanno avuto un eccesso di discrezionalità non sufficiente a garantire pluralità, concorre nza e trasparenza delle proceedure”.
Sono d'altra parte piene le cronache degli ultimi anni portuali delle distorsioni che il vecchio sistema creava nelle concessioni, con accordi complicati, mediazioni acrobatiche, esclusioni clamorose, anche processi sensazionali, finiti poi in fumo con sentenze di totale assoluzione “perchè i fatti non sussistono”, come quello all'ex presidente Giovanni Novi e ad altri dodici imputati, caduti nella rete di un'inchiesta nata propria intorno alle concessioni dei terminal chiave del porto di Genova, il fatidico “Multipurpose”.
Una grande confusione tra diritto amministrativo e reati penali. Oggi c'è finalmente una nuova legge, un criterio “sano”, che stabilisce il percorso di scelta e non ci potranno più essere , appunto, distorsioni, deviazioni, “salti in avanti”, come quelli che hanno contraddistinto e stanno ancora contraddistinguendo le ultime fasi del vecchio sistema.
Mentre la vecchia legge muore, i “colpi di coda”, in diversi porti, non sono mancati, da Trieste, a Carrara, alla Spezia. Augurandosi, come ha scritto Luigi Leone, che anche a Genova non ci sia un'ultima “raffica di Salò, con concessioni affidate “in articulo mortis”: l'orizzonte che Rossi e gli altri commissari hanno contribuito a preparare è ben diverso.
Ma in ballo non ci sono sono le concessioni. Il lavorio parlamentare sulla Riforma ha riguardato anche altri temi (non pretendiamo di elencarli tutti) nel riordino di un sistema che aspettava da tanto, come per esempio quello delle Capitanerie di Porto, che non erano toccate in alcun modo nel primo testo della Riforma e che, anche grazie a Rossi e alla commissione del Senato, sono “entrate” nel testo finale, accogliendo le richieste che venivano dall'interno delle Capitanerie stesse, preoccupate che si prendesse atto delle norme e modifiche avvenute dal 1994 in avanti.
Il testo, che il Governo sta per approvare, tocca un altro capitolo, molto attuale e decisivo per la trasparenza e l'efficienza di tutto il “nuovo” sistema: quello delle società partecipate dalla Autorità Portuale. Fino ad oggi le Autorità portuali avevano costituito molte società che si occupavano di più temi e nelle quali erano soci di maggioranza, in certi casi addirittura al 100%, creando un sistema di intrecci di interessi almeno inquietante. In queste società siedevano spesso, per esempio, le stesse persone già insediate nei Comitati Portuali.
Grazie alla spinta della riforma e delle modificazioni introdotte in commissione questo non potrà avvenire più. I presidenti non potranno detenere partecipazioni societarie neppure in minoranza, in società che non siano considerate strategiche e nei soli settori logistici e infrastrutturali. Tradotto in modo più efficace e semplicistico questo significa che finisce l'era del “poltronifici”. Da ora in avanti le Autorità venderanno queste partecipazioni di maggoioranza, che è automatico definire quanto meno “opache”, e elimineranno quelle non strategiche.
Conclusione parziale, ma significativa: il vecchio sistema ha le ore contate, quello nuovo faticosamente raggiunto, ma nella cui preparazione tutte le fasi, e in particolare quelle finali in Parlamento nelle Commissioni, sono state fondamentali, sta per nascere e a Genova ci si augura che possa realizzarsi anche in anticipo, con la primogenitura di un commissario-presidente “ante litteram”. Sul vecchio portone di San Giorgio soffia un vento nuovo e impetuoso.
In parte è lo stesso che, con il colpo di scena europeo sulle concessioni demaniali della famosa direttiva Bolkestein, sta spazzando un settore come quello degli stabilimenti balneari e dei diritti di concessione anche in quel mondo così importante per un altro settore del nostro sviluppo. Turismo e porti, il nostro futuro.
porti e logistica
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