Nelle notti del fine settimana la zona compresa tra il Porto Antico, piazza delle Erbe e Sarzano perde la sua tranquillità diurna e si riempie di gente che confluisce da tutta Genova e dintorni. Anche nella movida la convivenza tra italiani e stranieri è un meccanismo imperfetto, come del resto in tutto il centro storico. Tanto per i 'clienti' in cerca di divertimento quanto per chi il divertimento lo offre, spesso a buon mercato.
"Quali sono i problemi del centro storico? Ce ne sono tanti. Anzitutto questi qui, che non si sa se spacciano o no. Qualcuno ogni tanto viene arrestato. Ma dobbiamo metterci in testa che questa gente va eliminata". A parlare è un eccentrico pittore, che poi ci mostra il suo atelier ricavato in una cantina di via San Donato. "Questi qui" sono i giovani africani che stazionano in fondo a stradone Sant'Agostino. Sono una decina, abitano nei paraggi.
In effetti è risaputo, e lo abbiamo dimostrato nel nostro reportage, che alcuni giovani stranieri fungono da terminale del business della droga. Ma spesso sono presi di mira solo perché gozzovigliano in giro al pari dei coetanei autoctoni. Mentre parliamo coi residenti, si avvicina uno di loro, un ragazzo senegalese in Italia da cinque anni. "Noi siamo qui per divertirci, siamo esseri umani come tutti gli altri, non è che dobbiamo stare chiusi in casa tutto il giorno. Anche questo è un modo per integrarci. Non creiamo nessun problema. Io lavoro, ci sono tante persone che mi vogliono bene come a un figlio", si difende.
Lo scontro più forte si gioca però sul terreno commerciale. Gli esercenti ce l’hanno coi gestori dei minimarket, quelli che vendevano alcol fino a mezzanotte in barba alle regole. Sono tanti a pensare che l’ordinanza punitiva imposta dal Comune sia colpa loro. Ora sono costretti a chiudere alle nove, e da quanto ci risulta la norma è rispettata. "Sono loro che hanno rovinato tutto, sono i responsabili del degrado", si sfoga un abitante. "Il Comune ha concesso licenze a chiunque e questo è il risultato".
Meriterebbe un capitolo a parte l’annosa questione della vendita di alcol ai minorenni. In ogni locale, nessuno escluso, campeggiano i carteli che ricordano il divieto. Ma di ragazzi sotto i 18 anni con birra o drink in mano se ne vedono eccome. Segno che la carta d'identità sono in pochi a chiederla. E quando si entra per parlarne, i baristi non sono molto loquaci. "Noi qui parliamo pochissimo italiano, non capisco". Salvo poi assicurarci che "l'alcol lo vendiamo solo ai grandi". E noi, come si suol dire in questi casi, 'ce la beviamo' fiduciosi.
cronaca
Centro storico, la movida degli stranieri: una sfida tra degrado e integrazione
Spaccio e illegalità fanno paura ai residenti
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