salute e medicina

Russo: "Organizzare il flusso per garantire continuità"
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 “La parola emergenza è eccessiva. Ma l’urgenza c’è e va affrontata”. Dopo l’appello dell’assessore regionale Viale a donare sangue per far fronte a una grave mancanza negli ospedali liguri, a fare il punto sulle necessità presenti e future è Emanuele Russo, presidente regionale di Fidas, insieme ad Avis la maggiore associazione di volontariato del settore.

Parlare di emergenza è dunque esagerato? “È una parola grossa – spiega Russo – ma in effetti c’è una situazione di carenza importante in tutta Italia. È particolare che si presenti a gennaio, quando la raccolta aumenta perché la gente ha più tempo”. E in Liguria la crisi si fa sentire di più perché “è già una regione borderline”. Per risolvere l’impasse, però, le associazioni stanno pensando a cambiare alla radice il meccanismo delle donazioni.

“Da sempre la partecipazione è emotiva ed empatica: basta guardare cosa è successo dopo il terremoto, quando il flusso è stato così elevato che abbiamo dovuto ridurre le donazioni”, spiega Russo. L’obiettivo è passare, per così dire, dal cuore alla testa: “Bisogna entrare in un contesto in cui i cittadini e le associazioni si organizzano per assicurare un afflusso continuo di sangue, tale da garantire non solo la disponibilità di globuli rossi, ma anche di plasma e piastrine per i malati di leucemia e chi fa terapie con radiazioni”.

Un cambio di mentalità, ma non solo: anche un salto di qualità. Perché anche il sangue scade, e donare troppo quando non serve aumenta il rischio di sprecarlo. “Il sangue donato oggi – continua Russo – domani vale 100, tra una settimana 80 e tra due 60. Dopo quaranta giorni è inutilizzabile”. Così Fidas e Avis stanno elaborando una proposta unica da sottoporre alla Regione per creare un sistema più razionale e al tempo stesso aumentare le tutele e i vantaggi per chi sceglie di donare.

In Liguria il sangue disponibile è appena sufficiente per garantire le normali trasfusioni: 72 mila unità all’anno, circa 6 mila al mese. Colpa anche della crisi: sempre meno persone possono usufruire della giornata retribuita per donare. Le associazioni coprono circa il 50% del fabbisogno. Il sangue raccolto attraverso i volontari e i centri trasfusionali affluisce tutto al San Martino, viene analizzato e da qui smistato in tutta la regione. “A breve faremo un convegno per parlare di tutte queste problematiche – conclude Russo – ricordando che quello italiano resta un modello eccezionale per le donazioni”.