Se c'è un allerta di un certo tipo che coincide con l'orario di una partita a Marassi, allora il match salta. Lo stadio è vicino al Bisagno, che è vicino al Fereggiano, che sono nell'area più esondabile della città, quindi più pericolosa. Oramai siamo al punto che, grazie alla capacità dei previsori meteo e alla solerzia dei pubblici amministratori - a Genova ultrascottanti dall'amaro destino della ex sindaco Marta Vincenzi condannata pesantemente per l'alluvione del novembre 2011 - possiamo anticipare con unanime e oramai corale soddisfazione che la partita non si giocherà: allerta uguale rinvio.
Siccome i cavalcanti cambi climatici ci sottopongono questi allerta sempre più frequentemente dove andremo a finire a Genova?
Abbiamo già definito con un po' di forza il nostro stadio un cesso per le sue indegne condizioni dei servizi e delle infrastrutture interne. Sia chiaro: è uno stadio dove si vede la partita come da nessuna altra parte e dove si tifa nella maniera più calda ed efficace ed è architettonicamente un gioiellino, ma, pur essendo uno dei più rinnovati in Italia, la sua condizione “interna” fa paura. Provate a entrare in un qualsiasi servizio igienico, maschile e femminile, cercate un bar, un luogo di ristoro, un luogo di pronto intervento. Non sognatevi neppure di immaginare al suo interno un ristorante, una pizzeria, una paninoteca, la sede di una società, uno spazio incontri. Vi vergognerete di quel che trovate.
Ma è anche inutile protestare: quella denuncia che Primocanale aveva approfondito con servizi e reportages ha solo scosso un po' l'albero e scatenato qualche discussione tra il nuovo sindaco Bucci e le due società Samp e Genoa, che gestiscono l'impianto insieme. E che lo lo lasciano com'è e dove è, tale e quale. Era un cesso all'inizio del campionato, resta un cesso alla fine del girone di andata. Non si è migliorata una latrina, né il banco di un bar.
Ma oggi in più ci sono quelle due partite rinviate: un fatto che in questo campionato non è quasi successo in nessun altro stadio di serie A e se non sbagliamo neppure in serie B, salvo un rinvio a Roma.
Nessun impianto ha la fragilità del nostro Ferraris. Se andiano ancora più indietro nel tempo i rinvii e gli allagamenti diventano come un marchio di fabbrica. In condizioni di maltempo non c'è scampo. Si paga la “centralità” dello stadio nella città, oltre che la sua collocazione nell'area esondabile per eccellenza. Si paga il rischio di “ingabbiare” decine di migliaia di persone in uno stadio che in emergenza diventa una trappola, il collo di una bottiglia in fondo alla Valbisagno in mezzo a quartieri popolari, superpopolati con strade e posteggi che sono gli stessi da sempre perchè lo spazio è quello.
Dove porta questo ragionamento? A pensare di costruire un altro stadio in un'altra zona della città meno a rischio ambientale? Magari a pensare di costruirne due di stadi, perchè le società sono due e la tendenza, dopo Torino, Roma, forse Milano, è quella e la tanto auspicata rivoluzione per salvare il calcio italiano, retrocesso non solo in chiave Mondiali, dovrebbe comprendere anche il tema degli impianti, i più malridotti e non a caso i più vuoti, nei paesi europei più avanzati?
Ma il tema è un tabù nella città che fatica a prendere decisioni, a spostare la sua immobilità decisionale oramai da decenni. Marassi è anche una storia da difendere, una tradizione non solo calcistica radicata. Chi se lo immagina il quartiere di Marassi senza stadio? Il rischio è che finirebbe come tanti altri spazi dismessi e lasciati al proprio destino, i non lontani mercati di Corsa Sardegna, la facolta di Economia e Commercio in via Bertani, la Casa del Soldato a Sturla, ora il Mercato del pesce a Cavour e andando più indietro l'Hennebique... Dibattiti sterminati, soluzioni introvabili o quasi.
Insomma se si parte dal rinvio di una altra partita genovese per un allerta meteo si può arrivare molto lontano e forse non è il caso. Meglio far finta di niente e non stupirsi più.
IL COMMENTO
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