cronaca

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"Io abito lá sopra. Il cantiere magari durerà anni ma é un’opera molto importante, su cui contiamo molto” dice una signora, col fiatone, arrampicandosi spesa alla mano in una delle numerose vie in salita del quartiere di Quezzi a Genova. Parla del cantiere dello scolmatore del Fereggiano, il rio che seminó morte e distruzione nell’alluvione del 2011.


La parte terminale del cantiere l’abbiamo vista nascere sulla spiaggia di Corso Italia, anni fa, fasciata da una struttura ad hoc. Qui il cantiere nasce, aperto nel marzo di quest’anno, per deviare proprio in via Pinotti, all’altezza dell’ascensore, parte dell’acqua che scende a valle, verso la copertura famigerata che parte da via Fereggiano. “Li non si può intervenire, ma solo tentare di farci arrivare meno acqua. Così - spiega l’ingegner Maurizio Michelini, presidente dell’Ordine di Genova - la sicurezza totale non si avrá mai, la gente deve imparare ad aver atteggiamenti di prevenzione consapevoli”.

Il cantiere è profondissimo, scava il fiume, alza muri che vanno a coprire i piani terra e le persiane di case costruite nell’alveo. Gli operai in tuta arancione sembrano formichine laggiù: “Potevano farlo prima” dice un altro residente della zona che curiosa attaccato alle grate vista ruspe è un enorme braccio verde che si muove senza sosta tra i detriti. Qui non sembra neppure importare tanto, alla gente, se ci sono rumore e polvere. È gente concreta, che ha imparato sulla propria pelle quali sono le priorità, costi quel che costi. L’alluvione del 2011, poco distante, ha ucciso sei persone, tra cui due bimbi e una ragazzina.
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