cronaca

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"Non so quante volte l'ho colpita. Potevo vedere e sentire, ma non controllare il mio corpo... è come se non stessi compiendo il reato, però l'ho fatto". Con queste parole Alessio Alamia, il 21 enne accusato di aver ucciso con 50 coltellate la fidanzata Janira D'Amato il 7 aprile 2017, ha ricordato stamani in tribunale i tragici istanti del delitto. Con voce ferma e apparentemente senza tradire emozioni, nel corso di una lunga deposizione durata oltre tre ore ha ricostruito i giorni precedenti all'assassinio e, soprattutto, quanto accaduto nell'appartamento in cui l'ha uccisa.

Quel giorno, ha ricordato, l'aveva voluta incontrare per restituirle degli effetti personali dopo la fine della relazione: "Abbiamo litigato, mi ha tirato uno schiaffo. Quando mi ha paragonato a mia madre, dicendo che ero un fannullone e un delinquente, non ci ho visto più e ho perso il controllo".

Alamia ha raccontato di aver estratto un coltello, minacciando dapprima di suicidarsi. Poi l'ha colpita una prima volta al collo. "È caduta all'indietro, mi ha chiesto di fermarmi. Vedevo e sentivo ma non controllavo il colpo. Mi sono 'svegliato' quando ho sentito la lama del coltello che si spezzava contro il cranio, mi sono ritrovato in una pozza di sangue mentre la chiamavo".

Da lì il lungo racconto di quanto successo dopo, tra contraddizioni più volte sottolineate dal pm Elisa Milocco e momenti di tensione con i familiari di Janira: rispondendo alla domanda se avesse mai pensato prima di fare del male alla ragazza il giovane ha negato perché "quando amo una donna non la tocco".

Una dichiarazione a lungo contestata dal pm: il giovane, infatti, nei giorni precedenti il delitto aveva cercato su internet "uccidere qualcuno" e "come uccidere senza lasciare tracce". Alamia si è giustificato dapprima affermando di non ricordare il perché di quelle ricerche, quindi spiegando di avere propositi suicidi e infine di aver pensato di uccidere un rivale in amore.