Politica
PERCHE' CI OCCUPIAMO DEGLI INDUSTRIALI
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Perché ci occupiamo degli industriali? Perché Primocanale, da una settimana, racconta ai telespettatori che cosa succede all’interno della Confindustria di Genova che si appresta a scegliere il suo nuovo presidente? Qualcuno ci ha consigliato di stare zitti e di spegnere le telecamere. Ci ha detto: ma che cosa vi importa? Quelli dell’associazione industriali di Genova sono affari interni. La procedura che porterà all’ elezione del nuovo presidente l’hanno chiamata una “questione privata”, come se decidessero il cambio delle piastrelle del bagno o la nuova tappezzeria da mettere ai muri degli uffici. Ci occupiamo della scelta del presidente di Confindustria Genova proprio perché riteniamo che non sia una questione privata. Anzi, sia proprio l’opposto: cioè un passo delicato e importante che riguarderà oltre gli industriali di Genova, tutta la città: i giovani che sono all’Università, i trentenni che cercano un lavoro, i professionisti, gli operai delle fabbriche, chi lavora in porto, chi nel commercio, chi si occupa di turismo, chi di politica e chi fa il giornalista. L’elezione del presidente degli industriali che dovrà dare l’indirizzo a una categoria così strategica non soltanto per Genova, ha la stessa importanza, se non di più, che l’elezione di un sindaco o di un presidente della regione. E’ una questione privata in quanto l’associazione industriali è una associazione di categoria, privata come l’associazione dei commercianti o un sindacato. Quello che accade fisicamente all’interno del grattacielo di Brignole non è affar nostro. Ma la scelta che verrà fatta ci interessa eccome! Il prossimo presidente degli industriali dovrà occuparsi del futuro dell’industria genovese, quindi condizionerà la città, e sarà condizionato dalla politica. Dovrà pensare al futuro del porto che soffoca di containers, delle autostrade che non possono più fare correre i camion pieni di merci, dell’Università che non riesce a farsi conoscere come dovrebbe all’esterno, dello stato della sanità, della sicurezza, dell’accoglienza turistica e culturale di Genova. Accidenti amici, se questa è una questione privata proprio non ci capiamo. Alcuni mesi fa il presidente degli Industriali, Marco Bisagno è entrato pesantemente in polemica sul progetto di Renzo Piano per il waterfront. Al di là delle sue posizioni ha fatto il suo lavoro di capo degli industriali: ha trattato, contestato, protestato, ha rilasciato interviste, organizzato conferenze stampa. Ha fatto, giustamente, sentire la voce dell’industria su un progetto che vuole cambiare una parte della città, così delicata come il porto. E allora, io cittadino di Genova, non devo sapere chi sono i candidati a guidare questa categoria? Lasciamo perdere i nomi e i cognomi che sono relativamente importanti (anche se un settantenne avrà una mentalità diversa da un cinquantenne o da un quarantenne), ma vorremmo conoscere i programmi. Quali strategie? C’è chi vorrebbe una città più industriale e meno turistica? Oppure chi vorrebbe uno sviluppo del settore tecnologico. O chi ritiene che tutto si giochi sul porto. O sulla capacità di trasferire merci al di là dell’Appennino. Vi sembrano robette private, pettegolezzi da far scivolare da Mangini intorno al tavolo del thè di quattro anziane e simpatiche zie? A noi non sembra così. Vogliamo che si apra nella città un dibattito sull’industria che, secondo alcuni osservatori è ferma, con poche idee innovative e secondo altri, invece, potrebbe potenzialmente dare molto, ma è bloccata dai lacciuoli di una politica conservatrice e miope, sia a sinistra che a destra. Ecco perché ci occupiamo degli industriali. Prendiamo il caso di Imperia. Lì hanno eletto un presidente che è uno dei più importanti imprenditori del settore dei fiori. Quindi l’industria che traina l’economia imperiese. Bella decisione, strategica, coraggiosa, con un giovane direttore che ha scelto il confronto permanente con la città e le sue realtà (anche l’informazione) con l’obbiettivo di aprire il mondo degli industriali, che non è una setta segreta, a quello che c’è intorno. Se dovesse diventare presidente degli industriali genovesi Edoardo Garrone, sarebbe senza dubbio, il più rappresentativo imprenditore della città, con un nome di rango, un’azienda enorme, un peso nelle scelte di Genova indiscusso, un’esperienza politica nella categoria già consolidata. Allora ci piacerebbe sapere quali idee ha, che progetti, con quali uomini vorrebbe lavorare. Se dovesse essere confermato Bisagno vorremmo conoscere la sua strategia per un secondo mandato. Così se fosse un altro candidato. Non gli affari privati di questi personaggi, ma le loro idee pubbliche, quello che fanno di un industriale qualsivoglia, sia che faccia scarpe, navi, petrolio, o turismo, un punto di riferimento nella città. Se i saggi Garrone, Zara e Attanasio indicassero un imprenditore del turismo è probabile che questi avrebbe strategie innovative in una città che sta aprendosi al turismo, se proponessero uno manager del porto è chiaro che il ruolo dello scalo potrebbe diventare preminente, così se fosse indicato un imprenditore dei trasporti traccerebbe , forse, per Genova una mappa di collegamenti. Perché non parlarne? Chi si danneggia? Quello che accade all’interno di casa mia difficilmente potrà condizionare la scelta sul terzo valico o sul ridisegno di Cornigliano. Ma quello che accadrà in queste settimane all’interno di Assoindustria ci condizionerà eccome. Quindi riguarda tutti. E dovrebbe interessare non solo Primocacanale. Allora è per questo che ci occupiamo e continueremo a occuparci degli industriali e della scelta del nuovo presidente. Cercando di comprendere che cosa sta succedendo, che idee girano in quelle stanze, chi sono i sostenitori di queste idee e che cosa ne pensa la città. Stanno intervenendo nella nostra inchiesta in tanti senza fare del male a nessuno. Continueremo ad accendere su questo problema le nostre telecamere dando il microfono a chi vorrà esprimere la sua opinione. A meno che tutto non si debba risolvere in una questione davvero privata e preconfezionata, dove si celebra solo un rituale, chiudendo porte e idee in faccia alla città.
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