cronaca

Fine lavori previsti tra due mesi
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“Abbiamo paura che con l’inaugurazione del nuovo ponte ci si dimentichi di noi e dei nostri quartieri”. Così Antonio Lillo, presidente comitato abitanti ai confini della zona rossa, racconta i timori di chi, dal 14 agosto 2018, vive a pochi metri dal cantiere che non si ferma mai prima per la demolizione e poi per la ricostruzione.


“Sono stati due anni di sacrifici ma il lavoro fatto è un orgoglio”. Lillo pronuncia queste parole guardando il nuovo viadotto che, giorno dopo giorno, ha visto costruire davanti alle finestre di casa. Sembra che non possa parlarne senza guardarlo ora che mancano due mesi all’inaugurazione, al momento fissata tra la metà e la fine di luglio.


In attesa del progetto del sottoponte firmato dall’architetto Stefano Boeri il comitato ha richieste concrete che possono migliorare la qualità della vita in concomitanza della fine lavori: “ripristinare la viabilità di via Porro; rifare i marciapiedi, l'asfalto, le strisce pedonali e l’illuminazione delle vie limitrofe per ritornare a una sorta di normalità. Importante poi intervenire in via Campi da un punto di vista idrogeologico”.


Da queste case nate prima della costruzione del Morandi si guarda al progetto del parco del Polcevera con attesa ma anche con la certezza che per un risanamento vero e proprio della zona non si possa lasciare indietro il tessuto commerciale praticamente azzerato.


Il comitato poi attraverso l’avvocato Alessandra Ballerini ha scritto ad Autostrade: “vogliamo un incontro per parlare del disagio che noi abbiamo patito e patiamo perché finché tutto non tornerà alla normalità noi abbiamo dei problemi – conclude il presidente del comitato abitanti ai confini della zona rossa - fra un po' ci sarà il processo, noi cerchiamo di avere un incontro chiarificatore, faremo delle richieste e se non verranno prese in considerazione valuteremo di costituirci parte civile, per il momento aspettiamo”.


Dal tetto del civico 2 di via Porro il nuovo viadotto appare davanti agli occhi in tutta la sua lunghezza da ponente a levante, sembra lì vicinissimo. Vedendo i tanti uomini lavorarci sopra e sentendo i rumori che arrivano dal suo interno è difficile non rivedere davanti agli occhi le immagini del crollo e le varie fasi della demolizione su tutte quella con l’esplosivo delle pile 10 e 11 avvenuta il 28 giugno 2019.


In quei 1067 metri di acciaio c’è il futuro e la speranza di quei cittadini che sono rimasti qui tra innegabili disagi e problemi
e ora non vogliono essere dimenticati, vogliono essere certi che i loro quartieri dopo tanta sofferenza possano avere una possibilità di rinascita così come è successo per il ponte senza mai dimenticare le 43 vittime.