cronaca

Una testimonianza che rivela perché il provvedimento non ha risolto i problemi dell'occupazione
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Un'operazione da 180 milioni che non ha risolto - e nemmeno sensibilmente migliorato - il drammatico problema della disoccupazione in Italia e quindi anche in Liguria. I dati parlano chiaro: meno del 15% dei percettori di reddito di cittadinanza ha trovato un lavoro stabile. E ora rischiano di restare a spasso pure i navigator, ovvero coloro che hanno il compito di aiutare le persone in difficoltà a trovare un impiego: il loro contratto - 1.400 euro al mese, più 33 di rimborso spese - scade il 30 aprile e bisognerà capire cosa deciderà in merito al reddito di cittadinanza - provvedimento varato dall'allora esecutivo gialloverde - il nascente Governo a guida di Mario Draghi.


Ma al di là di questi dati e delle prospettive incerte, la realtà dell'operazione è molto più complessa. Il concetto di reddito di cittadinanza è certamente sacrosanto e degno di un Paese civile e solidale, solo che in Italia è stato realizzato in maniera poco strutturata, con il risultato di vederlo trasformato in un sussidio fine a stesso. A raccontare questa versione - scomoda ma assai credibile - è Andrea Censi, ex navigator che ha rinunciato all'incarico dopo avere vinto un altro concorso pubblico.


"I navigator nella stragande maggioranza dei casi - ha spiegato De Censi ad Oltre Tutto, la trasmissione di inchiesta di Primocanale - hanno svolto bene il lavoro lavoro, con impegno, pur non essendo stati messi nella condizione di portarlo avanti con efficacia. In molte regioni non esiste neanche una banca dati dei posti di lavoro. In Liguria sì, per fortuna. Altrove no. E comunque non basta".


Una riforma preventiva dei Centri territoriali per l'impiego sarebbe stata fondamentale per agevolare il lavoro dei navigator. Invece, si è proceduto al contrario. Con un risultato disarmante. Racconta De Censi: "Molti percettori di reddito di cittadinanza e quindi disoccupati potevo chiamarli a qualunque ora del giorno e della notte ed erano disposti ad accettare qualunque lavoro. Ma il restante 30, 40% in realtà non aveva alcun interesse a lavorare, preferendo portare avanti le loro attività in nero o addirittura illegali. Basti pensare che diverse persone hanno dato indirizzi mail e numeri di telefono falsi, pur di non farsi rintracciare. Insomma, tanti volenterosi ma anche parecchi approfittatori e schiene dritte".


Insomma, un bilancio con poche luci e molte ombre. Una classica riforma all'italiana, destinata ad aumentare il precariato, anziché a risolverlo. Sulla pelle degli onesti e a vantaggio dei furbetti. Un pasticcio che, come sempre, non avrà né padroni né eredi.