Aperti a pranzo e a cena, aperti per forza perché così non si riesce più ad andare avanti. Dopo la protesta a Roma, alcuni locali hanno deciso di infrangere le regole pur di lavorare, nonostante il rischio di sanzioni ed ulteriori restrizioni nei confronti della categoria. "Siamo in una situazione tecnica di licenze sospese, a parte i tre mesi dell'estate abbiamo sempre lavorato con restrizioni o tenuto chiuso", spiega il segretario di Mio Liguria Riccardo De Giorgi. "Le sanzioni che rischiamo sono inferiori a quello che abbiamo già subito: ogni giorno perso significa un'azienda in più che chiude per sempre".
Così Mio Liguria ha deciso di passare all'azione, anche perché dal Governo i provvedimenti non sono stati sufficienti. "Se fossi stato io al Governo avrei fatto un blocco agli estratti commerciali e avrei fatto in modo di togliere tutti i costi fissi sulle bollette. Non è possibile che le attività chiuse paghino da chiuse 500-600 euro per oneri di sistema, imposte e persino il canone Rai o la Siae".
Almeno una trentina di locali in Liguria hanno deciso di aderire a questa forma di protesta. Protesta non condivisa dall'associazione di categoria Fipe Confcommercio (LEGGI QUI) che alla forza preferisce il dialogo. Ma per i titolari che hanno scelto di aderire all'iniziativa è incomprensibile questa politica di stop and go: "Qual è il rischio che c'è nei nostri locali rispetto a quello che si può trovare in un autogrill o un terminal traghetti?", incalza De Giorgi. "Oggi leggiamo che i Nas hanno trovato tracce di contagio sui mezzi pubblici, ci volevano loro a dircelo". La richiesta è solo quella di poter lavorare, con tutte le norme igieniche e il distanziamento.
cronaca
Aperti a pranzo e cena per protesta, i locali: "Le sanzioni sono inferiori a quanto patito"
Lotta ai controsensi, tra attività chiuse e bollette da pagare compreso canone Rai e Siae
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