Spesso definita inadattabile per la complessità della trama, la verità è che la saga di ‘Dune’ ha tradizionalmente resistito al cinema per la difficoltà di inserire in modo equilibrato in una narrazione compiuta la ricchezza di temi sollevati dal suo autore. Di forte ispirazione ecologica, le pagine scritte da Frank Herbert abbracciano il futuro e l'evoluzione del genere umano, l'influenza della religione nella morale individuale, i conflitti tra politica, economia e società e soprattutto la ricerca dell'identità personale. Argomenti rappresentativi dell'epoca della loro pubblicazione, due volumi tra il 1963 e il 1965, che continuano ad esserlo ancora oggi, a più di mezzo secolo di distanza, per un mondo in crisi permanente, senza meta, egoista, condannato ad una progressiva atomizzazione di idee e sensibilità. A trasportare ‘Dune’ sullo schermo ci aveva provato David Lynch nel 1984 con risultati non esaltanti, ci riprova adesso Denis Villeneuve che si era già mosso in territorio futuristico e galattico con titoli importanti come ‘Arrival’ e ‘Blade Runner 2049’. In realtà il film, che pure dura due ore e mezza, copre solo la metà del primo libro e viene fatto uscire senza che il sequel abbia ancora una conferma perché tutto dipenderà dal suo esito commerciale.
Provo a riassumere una trama piuttosto complicata. In un futuro molto lontano in cui l'umanità si è evoluta sotto molti aspetti scientifici e mutata in altrettanti aspetti spirituali l'inospitale pianeta di Arrakis viene sfruttato per anni dalla casata Harkonnen che combatte contro i nativi, i Fremen, per raccogliere la ‘Spezia’, una sostanza preziosissima particolarmente utile per i viaggi tra le galassie. L'ascesa di un'altra casata, quella degli Atreides, costringe l'Imperatore a fare una mossa strategica offrendo loro il controllo di Arrakis e la responsabilità di rifornire l'Impero di Spezie. Così la famiglia Atreides si trasferisce sul pianeta cercando di cambiare i rapporti tra i nativi e i coloni e raggiungere un nuovo accordo di pace con i Fremen. La tranquillità però non durerà a lungo perché tutto non è altro che una trappola per porre fine agli Atreides.
‘Dune’ non è un film sbagliato, piuttosto un film incompiuto che non dà la sensazione di voler raccontare o approfondire tutto ciò che c’è da raccontare o approfondire. Spettacolare come pochi altri, è pieno di allusioni cinematografiche mischiate insieme in qualcosa di epico con tracce di dramma politico: c'è ‘Lawrence d'Arabia’, ovviamente, perché il deserto la fa da padrone ma ci sono anche ‘Apocalypse Now’, ‘2001: Odissea nello spazio’, echi visivi di Ridley Scott ma soprattutto di Christopher Nolan cui si avvicina per ciò che ha fatto con la mitologia e l'universo immaginario di Batman ne ‘Il cavaliere oscuro’: come lui, rispettando una certa fedeltà all'originale, Villeneuve fa propria questa avventura, la integra con una creatività forse eccessiva, rimuove personaggi e capitoli che non ritiene necessari e fornisce una personale visione del romanzo di Herbert. Insomma, non si abbandona al puro e semplice blockbuster.
Certo non ha facilitato la comprensione agli spettatori, piuttosto ha cercato di fare assorbire loro la complessità di ‘Dune’ ma di sicuro non è riuscito a concretizzare in immagini la componente mistico-filosofica su cui si basa una vicenda che è soprattutto storia di iniziazione, ricerca e scoperta spirituale in cui è fondamentale la scelta di una morale, di un’identità, di un percorso che qui mancano per una sostanziale freddezza narrativa che rende difficile entrare in sintonia con personaggi lontani, fare nostre le loro preoccupazioni, esistenziali e non. Un’epopea complicata all’interno di un film coraggioso ma eccessivo, tanto ambizioso quanto monumentale, bello ma noioso, o noioso ma bello. Decidete voi.
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Il film della settimana, "Dune": monumentale, coraggioso, eccessivo
Diretto da Denis Villeneuve, è il primo blockbuster della stagione
3 minuti e 13 secondi di lettura
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