Cronaca

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di Walter Bertini*

Da dove bisogna partire per capire meglio, al di la dei freddi numeri, la sconfitta del centrodestra in Liguria. Solo dal posizionamento dell’UDC? Io non credo. Quel posizionamento è stata solo una scelta tattica di Casini e Monteleone. Credo invece che dovrebbero essere ricercate altre ragioni, magari più profonde, più sociologiche per capire perché ad esempio nei quartieri più popolari e più popolosi di Genova, dove il disagio economico e sociale è più forte la batosta è stata sonora nonostante le iniziative (forse sbagliate) contro la Moschea, la bus-via eccetera, eccetera. Sarà utile che il PDL genovese e ligure analizzino quello che è successo in quei quartieri e avviino azioni di avvicinamento di quello strato sociale che annovera persone eterogenee che non nascono di sinistra ma che evidentemente vedono nella politica di sinistra una sorta di baluardo contro il loro disagio quotidiano.

Da questo vorrei partire per capire cosa invece è successo nel Lazio e come abbia fatto la Polverini a ribaltare un pronostico che la vedeva perdente. Ha battuto palmo a palmo la provincia, i quartieri popolari di una grande città. Ha ridato la speranza a chi l’aveva persa. Ha parlato con lo stesso linguaggio del disagio cittadino. Si è proposta con l’umiltà di chi sa che deve vincere una battaglia difficile. Per capire questo bisognava essere sabato 20 marzo a Roma, in piazza San Giovanni in Laterano. Non contano tanto i numeri sulle presenze (comunque numerosissime) e le polemiche che ne sono seguite, conta di più che in quella piazza, dove storicamente la sinistra italiana da sempre ha celebrato e celebra i suoi riti di classe e che pensava di averne il monopolio ideologico, c’era un “Popolo”.

Un “Popolo” vero, un po’ arrabbiato, eterogeneo, sorridente ma anche felice di partecipare ad un grande evento. Un Popolo fatto da persone vere, interclassiste e non di “plastica”. Io c’ero e nessuno e niente potrà cancellare dai miei occhi i colori, la gioia, l’entusiasmo, la voglia di contare e la rabbia verso presunti soprusi. C’era il “Popolo” che ama la Libertà. C’erano famiglie con bambini, giovani e anziani, semplici impiegati e manager, commercianti e commessi, c’erano contadini con le mani rugose segnate dal lavoro vero che venivano dalla provincia, e borghesi di bell’aspetto, insomma una sorta di nuova edizione di un nuovo “Quarto Stato” di Pelizza da Volpedo e non le facce dell’intellighentia radical chic, tanto care ad una certa sinistra che amano i salotti borghesi dove nascondersi e “rosicare” o le barche a vale d’altura. Non c’erano tele-avvelenatori trasudanti di odio e giustizialismo che amano sentire il “tintinnio delle manette” o guitti dello spettacolo nazionale munificamente finanziati dallo Stato.

Ecco, a San Giovanni si è rivisto lo “spirito” di Don Sturzo. Il vero spirito popolare che ha fatto grande il nostro Paese. Questo Berlusconi l’ha capito. Ecco credo che da li bisognerà ripartire, da li, da quell’esperienza che ha unito e non diviso. Non lo faccio mai ma questa volta mi permetto, di riportare, perché lo condivido appieno, uno stralcio di un articolo di Alessandro Meluzzi: “Non è un caso che un grande ispiratore di quel Popolo, ancora poco conosciuto in tutta la sua profondità di pensiero (sia teologico-spirituale che politico) di questo neoguelfismo federalista e berlusconiano, sia stato il grandissimo Don Gianni Baget Bozzo, da poco, purtroppo per tutti noi, tornato alla Casa del Padre. Egli ha gettato, tra questo “Popolo” e la sua leadership, ben visibile a piazza San Giovanni, così sorridente da colpire persino un sempre accigliato Eugenio Scalfari, i semi di un nuovo Risorgimento cattolico-Liberale, federalista e democratico. Solo uno spirito un po’ profetico e lucidamente visionario come quello del Presidente del Consiglio poteva interpretarlo, persino nei riferimenti alla rivoluzione dell’amore.” E a noi genovesi, Don Gianni manca ancora di più.

Ecco, quello era il “Popolo della Liberta”, un Popolo vero che non vuole rassegnarsi a perdere il diritto di esprimere il suo voto democratico a causa di desuete pratiche burocratiche o di eccessi di zelo giuridico, anche discendenti da incredibili errori o leggerezze. Se la sinistra italiana, ma in particolare il PD, fosse una vera sinistra moderna ed europeista non si sarebbe riempita la bocca con l’osanna delle regole, non avrebbe accettato di correre una competizione elettorale a Roma e nel Lazio, senza confrontarsi con quel “Popolo”. Avrebbe dovuto far suo il pensiero di Voltaire ovvero quello che dice: “io non la penso come te ma mi batterò contro chiunque perché tu possa esprimerlo, sempre”. Ecco cosa avrebbe dovuto fare un grande partito socialdemocratico e lungimirante, che non fa dell’odio dell’avversario politico il suo principale credo ma purtroppo questo partito in Italia non c’è e se ne sente la mancanza. Saremmo tutti molto felici se invece ci fosse.

*Vice Coordinatore metropolitano Pdl