Cronaca

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Era lì probabilmente dal 14 agosto, quando avrebbe dovuto esplodere, stando almeno alla rivendicazione arrivata via internet. Ma per un caso fortuito la bomba posta sul tetto di questa unità mobile della polizia non si è innescata. E lì è stata ritrovata a distanza di due settimane, nei pressi del terminal traghetti, in via Bruno Buozzi. Qualcuno ha notato quel misterioso scatolone da cui fuoriuscivano dei fili. Ed ha fatto scattare l’allarme. Sul posto sono subito arrivati artificieri, polizia scientifica, personale della Digos e vigili del fuoco che hanno chiuso al traffico tutta la zona per almeno un’ora. Quel che è clamoroso, però, è che dal 14 agosto nessuno avesse notato quello scatolone. All’interno c’era un potente ordigno che, secondo una prima ricostruzione, sarebbe stato calato sul mezzo della polizia addirittura dalla strada sopraelevata, attraverso un cavo di circa 5 metri. L’azione, che è fallita, è stata rivendicata da un gruppo anarchico riconducibile all'area "Anticarceraria e prigionieri" con una mail anonima arrivata al sito di Controinformazione e Lotta alla repressione. Il testo della rivendicazione descrive a sommi capi l'azione e conclude motivando il gesto "in solidarietà ai prigionieri che lottano a Marassi e in tutte le altre carceri": nel dettaglio il documento dice "Il 14 agosto a Genova è stata posizionata e accesa una scatola con 3 litri di benzina e innesco sul tetto di una stazione mobile della polizia parcheggiata nel porto, nella zona imbarco traghetti”. All’interno della scatola di cartone c’erano un maglione di lana intriso di benzina e una molotov; l’innesco era composto da cubetti di combustibile, usati solitamente per accendere i barbecue, e alcuni fiammiferi. Il tipo di innesco avrebbe convinto gli inquirenti della bontà della rivendicazione: è stato infatti usato in diverse azioni dimostrative soprattutto nell'Italia del nord.