Lo sciagurato esito di Italia – Serbia, da ‘festa dello sport’ tramutatasi in farsa, impone alcune considerazioni che vanno oltre il consueto ‘palleggio’ delle responsabilità.
Primo: Genova è città indifesa, più che ( come si vorrebbe far credere ) indifendibile: esposta alle scorrerie di un qualsiasi manipolo di fanatici. La dura lezione del G8 non è servita a niente. Delle tre opzioni classiche – prevenire, contenere, reprimere – le forze dell’ordine hanno ancora una volta scelto la seconda. Scarsità di risorse, dispersione dei centri di comando, inclinazione alla routine fanno si che, di fronte a situazioni di carattere eccezionale, la polizia si limiti praticamente a proteggere se stessa nella fase più’calda’: salvo poi rifarsi quando la tensione si è allentata.
Secondo. Non è possibile credere che si sia dato credito all’ineffabile comunicato di Belgrado che rappresentava una situazione di normale afflusso di tifosi serbi. Quei ‘tifosi’ – lo sappiamo ormai tutti –sono gli stessi tra i quali Arkan reclutava le proprie ‘tigri’, responsabili dei crimini più efferati commessi nel corso delle guerre balcaniche.
Né si può credere alla tesi del ‘peggio’ che sarebbe stato evitato. Confrontati con la necessaria determinazione i serbi si sarebbero sparsi per i vicoli? Ma le immaginate, voi, le smarrite ‘tigri di Arkan’ mentre chiedono a un vigile urbano la strada per uscire dal centro storico ?
La strategia è stata quella ‘minimale’ consistente nel cercare di avviare allo stadio il più rapidamente possibile il gruppo che si andava ingrossando e facendo via via più baldanzoso e aggressivo: quella che nel West si chiama la ‘stampede’. Così facendo , le forze dell’ordine non hanno fatto che accompagnare e proteggere i facinorosi verso quello che era il loro vero obiettivo: il palcoscenico di Marassi , la Mondo-visione, la massima esposizione mediatica. L’ingresso nel ‘gabbione’ , in pratica rinunciando a qualunque controllo, è stato come l’irrompere nel recinto di una mandria selvaggia .
Il resto è il triste spettacolo che i ‘ tifosi’ serbi ( peraltro già conosciuti per le loro imprese ) , ma anche la città e il suo povero stadio hanno offerto – appunto – in Mondo-visione. Impaccio, vuoto confabulare, assenza di decisioni mentre sugli spalti si commettevano reati di ogni genere, hanno caratterizzato una situazione in cui solo il pubblico italiano ( quello si opportunamente e rigorosamente ‘filtrato’ ) ha dato una bella prova di civiltà e compostezza.
Infine una constatazione , molto triste per un genoano : lo stadio Ferraris non è più adatto a manifestazioni sportive di grande impegno. La città gli è cresciuta attorno. Gli abitanti del quartiere sono giustamente esasperati. Decidiamoci infine a dotare Genova di uno stadio nuovo e logisticamente meglio situato. Utilizziamo , magari, il Ferraris per un centro dedicato alla storia, alla cultura, alla tecnica dello sport più bello e popolare del mondo.
*Magistrato
IL COMMENTO
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