Cronaca

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La politica sanitaria ligure degli ultimi quindici anni, sia di sinistra che di destra, ha devastato quello che c’era di buono nel mondo medico e ospedaliero della nostra regione. Con una protervia eccezionale e una modestia di vedute incredibile ha dato picconate su quello che, anni e anni di buona sanità, buona università e grande scuola avevano messo in piedi, facendo di Genova e della Liguria un eden della sanità, un luogo dove da fuori venivano per guarire.

C’erano grandi baroni della medicina, che erano molto meglio di chi la sanità la gestisce grazie a spinte politiche. Ma non è solo questo che ha dato picconate alla sanità ligure. Il vero disastro sono stati i politici a tutti i livelli e di tutti i partiti che avendo qualche potere lo hanno esercitato non pensando al bene dei cittadini, ma esclusivamente al loro sottobosco elettorale. Anni fa il medico-politico Castellaneta, magari con un linguaggio un po’ troppo da tribuno della plebe, sosteneva che i piccoli ospedali avrebbero dovuto essere chiusi e ridimensionati perché inutili e pericolosi. La miriade di piccoli ospedali ha determinato l’intasamento dei grandi nosocomi da San Martino al Galliera per esempio, dove nei pronto soccorso arriva di tutto, dall’ictus che ha bisogno di cure di eccezionale emergenza, alla caviglia slogata che può essere medicata in farmacia.

 Il risultato è che, ora, per tentare di non mandare in default la sanità pubblica , quel del “tutto gratis per tutti e subito”, l’assessore deve mettere il ticket anche sui codici verdi. E non c’è altra soluzione. I giusti lamenti del liguri, quindi, vadano pure ai politici d’oggi che si strappano i capelli per salvare ospedali di quartiere o di paese dove vanno a raccattar voti, ma anche e soprattutto a quelli del passato che hanno ridotto una magnifica sanità a una Caporetto insalvabile se non con le gabelle.