Apprendiamo da un articolo di primo canale che in una recente mattinata, all’interno di un bell’ufficio luminoso di un grattacielo, un elzevirista si apprestava a scrivere il consueto fondo quando si lasciò sopraffare dal sogno avuto la notte precedente, che gli aveva guastato il riposo, pur avendo il coscienzioso recitato il pater nostro prima di coricarsi. Nella visione onirica alcuni congiurati si aggiravano, travestiti, per le vie della città, armati dell’intenzione di cospirare contro il doge, antico accolito a cui il nostro era scolasticamente legato. Grattando il foglio con la penna d’oca non si accorse che il racconto che prendeva forma andava assumendo aspetti sempre più surreali, sconfinando nella pura favola. Benedettini in sandali e socialisti in lavallière, regine e corazzieri animavano la scena di un Rigoletto un po’ scadente. All’improvviso una porta di cristallo si spalancò, provocando un salutare sobbalzo di ritorno alla realtà. Il vocio della redazione si fece largo nella stanza e tutti i personaggi scomparvero. Sullo sfondo aleggiava solitario e altero il fantasma di Giuseppe Canepa che non proferì parola. (Victor Rasetto)
L'articolo di Paternostro
Apprendo da un articolo del Secolo XIX che in una recente notte settembrina , all’interno di palazzo Tursi, probabilmente nell’ufficio del sindaco, sotto le severe parole della tavola della Val Polcevera (il primo esempio di contratto scritto), un gruppo di maggiorenti del Pd abbia tentato di fare pressing sul sindaco Vincenzi per convincerla a ritirarsi. Incredibile! Pensate se qualche vecchio del Pci, uscisse dal suo sepolcro e leggesse quello che sta accadendo a Genova. I dirigenti del Pd come un gruppetto di congiuratelli, escono dalla sede di piazza della Vittoria, mascherati per non farsi riconoscere, Lorenzo Basso da frate benedettino, Victor Rasetto da socialista d’antan con la lavallière al magro collo, attraversano la città, attenti ad evitare il passaggio davanti a luoghi frequentati da giornalisti (niente Piccapietra che c’è il Decimonono, niente Via Venti che c’è Repubblica, attenti a piazza Dante che dalla terrazza del grattacielo le telecamere di Primocanale potrebbero riprenderci e evitiamo sbarchi via mare per non passare dal molo di Babboleo) e poi sfilando lungo i muri della galleria del Portello eccoli dietro Tursi. Il portone si apre, un vigile vestito da corazziere per non dare nell’occhio apre, il piccolo ascensore sale verso l’ufficio della regina e inizia il pressing. “Marta non ti candidare”. “Perché?” chiede lei. “Sei antipatica”. “Ah, va bene, allora me ne vado. E chi mettete al mio posto?”. “Mah, forse la Roberta Pinotti”. “Perché?”. “E’ più simpatica e poi è bionda”:. “Beh, se è per i capelli posso cambiare tintura”. “No, lascia perdere. Tu puoi andare a Roma, se vuoi. Lo dice anche Claudio”. “Ma che cosa vado a fare a Roma?”. “Poi vediamo”. “Ah vediamo, magari anche di vincere le elezioni…”. “E sì quelle dobbiamo vincerle”. Il summit è finito: interlocutorio. I due ri-escono da Palazzo, il benedettino in sandali e il socialista con la lavallière, scendono nei vicoli della città per evitare i giornalisti che escono dai giornali e i giornalai che si preparano a venderli, raggiungono ponte Andrea Doria dove li attende una barchetta a remi pilotata da Simone Mazzucca mascherato da Costantino Nigra e prendono il largo. Il fantasma di Giorgio Doria grande comunista, appare sul mare e ripronuncia la storica frase che rivolse all’equipaggio della Repubblica di Genova che, a lui vicesindaco, riferiva di aver perso il palio a vantaggio di Venezia: “Se fosse ancora vivo il mio antenato vi farebbe frustare!” (Mario Paternostro)
IL COMMENTO
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