La storia economica di Genova è stata sempre tracciata e segnata dal mattone e dal cemento. E’ sufficiente osservare le case del centro storico, alte, addossate l’una all’altra, cariche di sovrapposizioni, tetti e sopratetti. Basta guardare Genova dall’alto per capire come fino agli anni Sessanta è stata costruita male, o percorrere come tanti fanno in queste settimane le strade di San Fruttoso, Quezzi per capire come sono stati mal costruiti alcuni quartieri, giustificando tutto con la necessità spasmodica di dare case alla gente. Lo stesso e in maniera macroscopica lo dimostrano gli scempi edilizi della collina, quando fu scelto di non recuperare il centro storico, preferendo cementificare a ponente e a levante, innalzando città-satelliti invivibili.
Il nuovo Puc, sul quale il sindaco ha messo, per così dire, la fiducia e che qualcuno tenta di bloccare o rallentare, questo piano che segue la cosiddetta Variantona anti mattone selvaggio, ci auguriamo che venga approvato e rapidamente. Un ritardo vorrebbe dire che le lobbies del cemento ce l’hanno fatta ancora una volta, come in passato. Sono entità che sanno muoversi benissimo nei corridoi partitici, politici, soffiando laddove c’è la possibilità di condizionare, gestire, indirizzare nel nome di un “fare” che può benissimo essere incanalato sul recupero di un esistente vecchio e fatiscente. Quindi no al “fermiamo tutto”, sì al “facciamo dell’altro”. E soprattutto facciamo cose giuste.
Cronaca
La linea che blocca le lobbies
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