GENOVA -"Se alcuni minori stranieri non accompagnati commettono dei reati in Italia è soprattutto colpa degli educatori che non sanno fare rispettare le regole, l'altro grave errore è sistemarli in comunità in centro città dove ci sono troppe tentazioni".
A parlare è Abanoub, 21 anni, egiziano, ex minore non accompagnato arrivato in Italia all'età di quindici anni in cerca di fortuna a bordo un barcone, "la barcaccia" come la chiama lui, in cui per 21 giorni ha rischiato la vita nel mare in tempesta, stretto e rannicchiato perché a bordo non c'era spazio per tutti, e mangiando solo formaggio e un po' di pane. Un viaggio da bestie pagato 3mila euro.
"Non sarebbe giusto bloccare l'arrivo di tutte le barche dei migranti perchè noi scappiamo dalla fame, non andiamo via con leggerezza, io già a quindici anni avevo capito che in Egitto non avevo speranze, E poi le dita di una mano non sono tutte uguali".
Il giovane critica le comunità e gli educatori non in grado, a suo dire, di gestire i centri: "Il primo errore è metterli in zone, come il centro storico, dove ci sono mille divertimenti, in situazioni come queste sarebbero difficili da gestire anche i ragazzi italiani".
Parole, quelle di Abanoub, confermate nelle testimonianze degli cittadini abitanti nei pressi delle comunità: tanti da noi ascoltati negli ultimi mesi, dal Righi a Castelletto, e pure nel centro storico, hanno sottolineato le difficoltà degli educatori dei centri per minori. Educatori spesso pochi e lasciati soli.
Un errore che parte dall'alto, dalle scelte politiche degli amministratori: per integrare i clandestini si investe poco, gli appalti sono al ribasso. Le associazioni no profit, a volte precarie, assumono ragazzi non preparati, pagati una miseria. E i minori fanno quello che vogliono.
La lunga intervista al ragazzo egiziano si conclude ripensando al sogno che l'ha portato in Italia: "Volevo andare a Milano, ma poi quando ci hanno distribuito mi hanno inviato a Genova, dove ora sono felice, è una città bellissima dove ho anche trovato un lavoro, faccio il parrucchiere in un negozio di proprietà di un marocchino, la fidanzata? Sì, ne avevo una, italiana, ma la storia ora è finita".
Abanoub non ha mai dimenticato l'infinito viaggio incubo dall'Egitto alla Sicilia, 21 giorni passati rannicchiato su quella carretta con altri centinaia di migranti. E alla domanda se durante quel viaggio ha mai avuto paura risponde secco: "Pensavo alla morte tutti i giorni".
Ecco l'intervista completa:
IL COMMENTO
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