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Gli abitanti di Begato sono preoccupati soprattutto per le condizioni in cui vivranno i ragazzi ospitati nei container: “È impensabile far stare dei ragazzi in una situazione del genere dove come apri la porta c’è il muraglione, non c'è una via di fuga"
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di Riccardo Olivieri

 

GENOVA - È chiuso il cancello dell’ex circolo Arci di via Pierino Negrotto Cambiaso, a Begato, nel cui cortile sono già stati sistemati molti dei container destinati ad ospitare i minori non accompagnati. Di fronte agli ingressi ci sono un muro e delle barriere che chiudono la vista dalla strada, dietro invece c’è una ringhiera che si affaccia sul bosco. In cima alla scala che porta ai container c’è il vecchio edificio del circolo, oggi pericolante, e la vecchia balera. Mentre a fianco dell’unico container blu, probabilmente utilizzato direttamente dalla cooperativa Misecoop che si occuperà dell’accoglienza, c’è uno spiazzo "che ora sembra grande ma si rimpicciolirà perché ne devono sistemare ancora quattro" racconta Alberto La Rocca, uno dei cittadini che ieri sera è venuto qui a protestare per bloccare i lavori perché "qui la situazione sta degenerando. Si comincia a vedere una situazione veramente di degrado, oltre al fatto che non esiste una cosa del genere dove noi non veniamo informati di nulla come cittadini non sono stati informati di nulla".

Gli abitanti di Begato sono preoccupati soprattutto per le condizioni in cui vivranno i ragazzi ospitati nei container: "È impensabile far stare dei ragazzi in una situazione del genere dove come apri la porta c’è il muraglione, non c'è una via di fuga. Se dovesse succedere qualcosa sarei curioso di sapere come vanno via di lì. È veramente difficile. Noi non vogliamo far passare un messaggio che non è assolutamente razzista. Noi lavoriamo molto con gli stranieri, siamo integrati con tutti".

Nella zona attorno a via Cambiaso è stato tolto l’asilo, nei pressi del vicino ospedale Celesia sono stato aperti un centro di salute mentale e il Sert. "Diciamo che è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso" racconta La Rocca.

Ma il problema sociale sollevato da Alberto, Giuseppe e gli altri presenti è quello della quotidianità dei ragazzi. "Qui non hanno niente da fare, non c’è spazio. Cioè, se sono ragazzi di 14 anni vorranno giocare un po' a pallone, vorranno fare qualcosa. Ma come fai a farglielo fare e poi ti trovi anche in una situazione dove arrivano, dove giustamente non c'è niente e diventa difficile".

E poi ci sono loro, i container, al centro delle polemiche. Alcuni sono ancora sistemati nel parcheggio di fronte al nuovo circolo in via provvisoria. Sono aperti, quindi si può guardare dentro: ci sono due letti a castello, un tavolo con quattro sedie, quattro armadietti. "Sì, sembra ci saranno quattro ragazzi per container - spiega La Rocca -. Sono dentro un loculo, è difficile vivere così".

"Noi cerchiamo di tener duro senza, senza violenza, senza nulla, ma far capire che comunque il quartiere c'è. Begato, c'è, la gente c'è. Ieri sera eravamo con professori, maestri, gente che comunque il quartiere lo vive tutti i giorni e sa quello che deve fare. C'è anche il resto della Val Polcevera. Ecco, la nostra idea, comunque, è quella di di fare in modo che questi ragazzi abbiano una collocazione migliore".

 

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